Timbuktu, del mauritano Abderrahmane Sissako, si riallaccia ad un fatto di cronaca. Il 29 giugno 2012 ad Aguelhak, un paesino del nord del Mali, una coppia convivente, ma non maritata fu messa a morte per lapidazione da un tribunale islamico organizzato dagli occupanti appartenenti a una della tante forze islamiste che hanno invaso i paesi africani dopo la caduta del regime di Mu'ammar Gheddafi (1942 – 2011).
Il regista prende spunto da questa tragedia per raccontare la storia di un piccolo villaggio in cui un gruppo armato, i cui dirigenti parlano arabo e non la lingua locale, si impossessa del potere e detta leggi assurde per coloro che vivono lì. Non si può più giocare a calcio anche se gli occupanti discutono tranquillamente della preminenza di Messi su Zidane, è proibito l’ascolto della musica, è vietato fumare anche se uno dei capi si accende una sigaretta non appena riesce a nascondersi agli occhi degli altri. Sesso fuori dal matrimonio e alcool sono proibitissimi e la loro pratica causa crudeli punizioni, l’omicidio può essere compensato con il perdono dei parenti dell’ucciso o con il versamento di un prezzo. Tuttavia giovani fanciulle possono subire matrimoni forzati con militanti giudicati buoni mussulmani. Per quanto riguarda il calcio, in particolare il regista ci offre una sequenza davvero mirabile, quella in cui i giocatori della squadra locale mimano un partita senza pallone gabellandola, agli occhi degli occupanti, come una seduta ginnica. In poche parole la legge della Shariʿah interpretata con fanatismo e non poco opportunismo. E’ un panorama allucinante in cui s’inscrive il martirio di un allevatore di bestiame e di sua moglie, lui colpevole di aver ucciso durante una rissa un pescatore colpevole di aver ucciso una delle sue mucche che aveva travolto le reti stese lungo il fiume. E’ un film dai tratti semplici, ma ricco di suggestioni e indicazioni politiche che mette a confronto due facce dell’Islam, quella tollerante e millenaria degli abitanti del villaggio e il volto fanatico degli occupanti estremisti.