Il tema dell’imminente fine del mondo ha attraversato molti film, collocandosi sia prima, sia dopo di un evento fatale che ha portato alla distruzione dell’umanità. Nel periodo della paura atomica, durante la guerra fredda, non molti titoli hanno ruotato, con maggiore e minore fortuna stilistica, attorno a quest’argomento. Da qualche tempo è cambiato il tipo di minaccia ipotizzata oscillando da quella ecologista, legata al moltiplicarsi dei disastri naturali causati dalla stupidità o l’ingordigia degli uomini, a quella inevitabile connessa a un qualche pericolo che arriva dallo spazio.
These Final Hours (Queste ultime ore) dell’australiano Zak Hilditch segue questa seconda ipotesi, portando sullo schermo le ultime dodici ore che separano una comunità della regione di Perth, nell’Australia Occidentale, dall’arrivo dell’onda di fuoco causata dall’impatto di un asteroide con il nord dell’Oceano Atlantico. Una catastrofe che ha già incenerito vari continenti e che ora si appresta a distruggere il quinto. In attesa della morte, ineluttabile e imminente, il giovane James inizia a girovagare senza meta per sfuggire allo strazio che si avvicina. Lo fa dopo aver fatto l’amore con la sua donna, che gli rivela di essere incinta, in un paesaggio segnato da degrado, furori religiosi, feste orgiastiche. Sono i modi con cui ciascuno si avvicina alla morte sull’onda di deliri mistici o violenze. Lungo il cammino incontra una ragazzina che sottrae a un paio di bruti che volevano violentarla e si fa convincere ad accompagnarla nella tenuta dove, forse, si sono rifugiati i genitori. E’ un itinerario che serve a rimarcare le varie maniere in cui prende forma il vento di follia scatenato dalla certezza di una morte imminente e orrenda. La regia orchestra in modo abile una partitura ricca di tensione ottenuta con poche, semplici immagini – gli effetti speciali sono quasi assenti – e da scenografie del tutto normali e, proprio per questo, particolarmente efficaci.