Sebastião Salgado è un fotografo brasiliano che vive a Parigi. Nato nel 1944 in una zona interna del Brasile da una famiglia di possidenti, unico maschio di una covata che comprendeva anche sette donne. Ha studiato economia a Parigi e ha iniziato a viaggiare per professione andando in Africa come incaricato dell’azienda in cui aveva trovato lavoro dopo la laurea.
Ben presto ha abbandonato quest’incarico diventando uno dei maggiori fotografi contemporanei. Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado, figlio dell’artista, ne ripercorrono la carriera in Il sale della terra (titolo che richiama, non a caso, quello del film di Herbert J. Biberman, uno dei dieci di Hollywood) seguendo il filo conduttore dei vari libri fotografici che ha pubblicato negli anni con l’aiuto della moglie Lélia Wanick. Si passa dal dramma della siccità nel Sahel (Sahel: L'Homme en Détresse, 1986) alle immagini dei contadini che sopravvivono in terribili condizioni di povertà (Other Americas, 1986 - 1999), dalle condizioni dei migranti (Migrations, 2000) alla dura miserie dei lavoratori poveri in tutto il mondo (Workers, 1993). E’ un ritratto poetico e feroce della vita sul nostro pianeta. I registi hanno il merito di realizzare un documentario che è, allo stesso tempo, un quadro drammatico di alcune fra le più crudeli tragedie che hanno segnato il mondo. Una su tutte: il genocidio ruandese del 1994 che causò un milione di morti. Dopo quell'esperienza il grande fotografo si convinse che la ferocia degli uomini era talmente dominante da non lasciare spazio ad alcuna speranza. Si dedicò allora, con la moglie e i figli, alla ricostruzione della fauna nella tenuta di famiglia trasformando una zona all’epoca semidesertica in quello che oggi è un grandioso parco naturale. Tutto questo nasce dalla narrazione dei registi e dalle meravigliose, spesso terribilmente meravigliose, immagini di quello che è uno degli artisti più significativi del mondo contemporaneo.