Seth MacFarlane, il creatore dei Griffin (1999 - 2014), tenta di riconfermare il successo ottenuto con l’orsetto Ted (2012) in un film a tratti interessante. Con sapienza, ricostruisce le atmosfere dei western in Vistavision con inquadrature da cartolina illustrata della Monument Valley, titoli che usano esattamente i caratteri degli anni ’50, colonna sonora in cui gli ottoni dell’orchestra creano un alone di mistico e di vintage.
Nonostante tutto questo Un milione di modi per morire nel West ha il difetto di prendersi troppo sul serio e si dimentica di essere un prodotto del filone nonsense dando spazio eccessivo a lunghissimi dialoghi che nelle quasi due ore stemperano non poco l’interesse. Ogni cosa è realizzata tenendo presente tutta la filmografia classica, con Doc un po’ macellai, prostitute da saloon che sognano l’amore vero, pistoleri che sono sempre pronti ad uccidere anche senza un’apparente ragione. Il regista e i suoi co-sceneggiatori non hanno sbagliato nulla, creando un’atmosfera da perfetto West che prende il sopravvento sul politicamente scorretto che, invece, doveva essere il vero protagonista. Alcune scene sono spassose e geniali come quando nel saloon un bandito spara a una persona che lo ha scontrato e, quasi fosse un riflesso condizionato, tutti gli altri iniziano un’incredibile scazzottata che coinvolge in un’azione perfetta oltre cento stuntman. Oppure l’incapacità cronica di centrare un bersaglio ravvicinato da parte di chi ha sfidato il più veloce e perfido pistolero, guarda caso anche legittimo sposo della ragazza di cui è innamorato. Dopo essersi comportato vigliaccamente in uno scontro a fuoco, il protagonista un allevatore di pecore, è lasciato dalla sua scostante fidanzata. Una misteriosa e bellissima donna, da poco arrivata in città, lo aiuterà a scoprire il suo coraggio e a farlo nuovamente innamorare. Tuttavia quando il marito di lei, un noto fuorilegge, si presenta assetato di vendetta, dovrà immediatamente mettere alla prova il suo ritrovato eroismo, usando anche un proiettile preparatogli dai suoi amici nativi che ha incontrato quasi casualmente. Prima era fuggito dai cattivi, ferito perdendo i sensi; quando si riprende, ha attorno una tribù di nativi che lo vogliono bruciare sul rogo, ma lui parla la loro lingua per cui gli danno una medicina con effetti allucinogeni, e ripercorre in un attimo tutta la sua triste vita. Un’altra scena gradevole è quando la bella confessa al marito con chi lo ha tradito, per costringerla il vilain ha puntato la pistola contro l’amato cane della donna. Il regista evidenzia gli stereotipi del genere mettendoli alla berlina. Non ha il tocco geniale di Mel Brooks o quello più anticonvenzionale di Robert Aldrich ed è sostenuto da una volgarità spesso poco giustificata. In altre parole si va dalla commedia romantica al musical ma senza trovare una direzione sicura nonostante alcune intuizioni divertenti e un eccellente cast in cui spicca Charlize Theron, la coppia comica Giovanni Ribisi e Sarah Silverman, nonché il bravissimo Neal Patrick Harris e l’ironico Liam Neeson. Per girare il film Charlize Theron ha dovuto indossare una parrucca poiché si era rasata la testa per esigenze del copione di Mad Max: Fury Road in uscita all’inizio del prossimo anno. Tra i numerosi cammei Christopher Lloyd che interpreta in uno scantinato Doc Brown della saga Ritorno al futuro, Gilbert Gottfried come Abraham Lincoln ubriacone, Jamie Foxx Django da Django Unchained. Nel film appaiono anche Ewan McGregor, John Michael Higgins, Jimmy Hart, Bill Maher e Ryan Reynolds, mentre Patrick Stewart presta la voce alla pecora leader del gregge.