Nuri Bilge Ceylan (Istanbul 1959) è il più importante regista turco e uno degli autori di maggior peso del cinema contemporaneo. Sino ad oggi ha firmatootto titoli tutti coronati da premi nei maggiori festival internazionali. La sua ultima fatica Il regno d'inverno - Winter Sleep (Kis Uykusu) ha vinto la Palma D’Oro all’ultimo Festival di Cannes. Diciamo subito che è un grande film anche se non il suo migliore.
La prima cosa che salta agli occhi è che la sua inusuale lunghezza, tre ore e sedici minuti di proiezione, non appare del tutto giustificata da reali esigenze narrative. La storia, immersa in una Turchia di montagna colta in pieno inverno, è quella di un maturo attore teatrale che, abbandonata la professione, si è ritirato a gestire un suggestivo albergo costruito sfruttando varie grotte. Sono con lui la sorella e la giovane compagna di vita, entrambe insoddisfatte dei suoi comportamenti. La prima ha molto a ridire sul suo filosofeggiare e scrivere saggi di morale, la seconda trova il coraggio di ribellarsi gettandogli in faccia il peso del suo dispotismo e l’oppressione che ha esercitato su di lei gabellandole per razionalità e realismo. Una ribellione che approderà ad esiti decisamente discutibili: quando la donna deciderà di fare di testa sua, finirà con lo scontrarsi con un mondo esterno che segue regole ben diverse dalle sue. E’ il lungo quadro di un travaglio in un interno in cui si sente il ricordo del cinema di Ingmar Bergman (1918 – 2007), filtrato attraverso una sensibilità moderna, ma lontana mille miglia da quella nordica. Ne risulta un film stupendamente fotografato, caratteristica che accomuna tutto il cinema di questo autore che nasce come fotografo, anche se è più di testa che di impeto, nel senso che vi circola una freddezza che ne fa un’opera più costruita a tavolino che partecipata con lo spirito.