La nostra terra di Guido Manfredonia è un film generoso, didascalico, apertamente schiarato con le associazioni cui sono affidate le terre sottratte ai mafiosi affinché le coltivino facendole rintonare nel circuito della legalità. Nicola Sansone è un boss della malavita pugliese a cui vengono confiscati molti beni, fra cui un vasto podere, con tanto di casa colonica, di fatto governato dal suo fattore.
Il campo, dopo vari inciampi burocratici e omissioni colpevoli da parte degli amministratori pubblici, è concesso a una cooperativa tanto coraggiosa quanto disorganizzata. In soccorso di questi ingenui idealisti arriva, dalla sede di una associazione che tutela gli assegnatari dei patrimoni sequestrai ai mafiosi, un dirigente tanto esperto di leggi e passaggi burocratici quanto digiuno di ciò che si deve fare operando sul campo. Si aggiunga che al capomafia sono concessi gli arresti domiciliari, per cui si stabilisce a poche centinaia di metri dal podere sequestrato, e si avrà un quadro abbastanza preciso della vicenda e delle difficoltà cui devono fare fronte i membri della cooperativa. Va da sé che tutte le difficoltà saranno superate, anche grazie al sostegno di UNIPOL che sponsorizza il film, i cattivi debellati o convinti a pentirsi, i cooperatori felici di vedere coronati i loro sforzi. Il film è didascalico quanto basta, generico nella denuncia della connessioni fra crimine e politica quanto piace alla RAI, che coproduce, buonista quanto è richiesto da una visione del mondo piuttosto facilona. Sono difetti di poco conto quando li si parametri alla generosità del discorso nel suo complesso e facilmente accantonabili alla luce di una regia priva di balzi stilistici, ma decisamente efficace