Franco Maresco ha inventato, assieme a Daniele Ciprì, una serie di materiali televisivi raggruppati sotto il titolo di Cinico TV. I dui hanno diretto anche alcuni lungometraggi: Lo Zio di Brooklyn (1995), Totò che visse due volte (1998), Il ritorno di Cagliostro (2003), Come inguaiammo il cinema italiano - La vera storia di Franco e Ciccio (2004). Entrambi i cineasti hanno esordito di recente nel mondo del lungometraggio narrativo con, il secondo, con due titoli abbastanza interessanti: È stato il figlio (2012) e La buca (2014).
Il primo firma ora Belluscone – Una storia italiana, un testo abbastanza singolare in cui un Tatti Sanguineti in veste di amico preoccupato dalla scomparsa del regista, piomba a Palermo per rintracciarlo. Lo fa seguendo la strada di quei cantanti detti neomelodici, canterini di origine partenopea ma solidamente radicati nella cultura popolare siciliana. Lo scenario è quello del quartiere Brancaccio, un tempo regno del capomafia Giovanni Bontade (1946 – 1988). Qui prospera una sorta di idolatria nei confronti di Silvio Berlusconi a cui uno dei canterini ha dedicato una canzone. Filo conduttore della storia, oltre a Tatti Sanguineti, è Ciccio Mira (berlusconiano di ferro e sostenitore della vecchia Mafia), un impresario che organizza feste di quartiere in cui fa esibire gli artisti della sua scuderia con tanto di lettura di pizzini in cui, sotta la falsa forma di messaggi familiari, si nascondo vere e proprie indicazioni mafiose. La struttura del film è concepita in modo originale e gli intenti che se ne intravvedono sono tutt’altro che banali. Purtroppo il risultato finale è pesantemente compromesso da un non certo compiacimento nei confronti degli ambigui personaggi che attraversano lo schermo.