Lo scorso anno un documentario italiano, Sacro GRA di Gianfranco Rosi, ha vinto, per la prima volta nella storia della Mostra di Venezia, il Leone d’Oro aprendo la strada all’inserimento in concorso di questo tipo di film. The Look of the Silence (Lo sguardo del silenzio) di Jashua Oppenheimer segue questa gloriosa tradizione riportandoci all’Indonesia di oggi ove un ottico itinerante cerca di ricostruire, con il pretesto di controllare la vista agli anziani, i terribili massacri de 1965.
In quell’anno prese il potere, col sostegno degli Stati Uniti, il generale Suharto che scatenò una terribile operazione di pulizia politica nelle forze armate e nel parlamento di cui furono vittime sia i sostenitori del suo predecessore Sukarno, sia i membri del Partito Comunista Indonesiano. I sindacati furono sciolti, la libertà di stampa quasi annullata e fu scatenata una campagna di violenza, venata anche da motivazioni religiose, che costò la vita a quasi un milione di persone, per la maggioranza contadini poveri, comunisti e intellettuali. Il regista va alla ricerca di alcuni fra i responsabili di quei massacri, non pochi dei quali si arricchirono anche grazie agli assassini, e si fa raccontare che cosa capitò in quei mesi. Ne nasce un album degli orrori con esecuzioni di massa, stupri, violenze contro donne e vecchi. Il tutto sotto l’ala benevola delle forze armate filogovernative e la protezione americana tesa, soprattutto, a tutelare gli interessi della grandi aziende, come la Goodyear, che si erano appropriate delle ricchezze del paese. E’ un panorama terribile reso ancor più inquietante dal fatto che buona parte dei ruoli tecnici che hanno contribuito alla realizzazione del film sono assegnati a sconosciuti, segno che in quel paese rinvangare certe cose fa ancora paura e innesta pericoli. In definitiva un forte atto d’accusa che riporta al centro della scena una nazione e fatti troppo frettolosamente dimenticati dall’opinione pubblica, quantomeno da quella occidentale.