Under the Skin (Sotto la pelle) del britannico Jonathan Glazer è opera a suo modo originale. La storia è tratta dal libro d’esordio dell’olandese Michael Faber (1960) pubblicato in Italia dall’editrice Einaudi nel 2000 e racconta di un alieno (uomo o donna non è ben specificato) che assieme ad altri entra nel corpo di una giovane, forse una prostituta, e, sfruttando quelle sembianze, attira vari giovanotti che poi annega in un liquido oleoso.
In questo modo questi esseri umani sono triturarti e trasformati in una poltiglia sanguinolenta che dovrebbe essere utile agli allineai arrivati sul nostro pianeta. Come nelle migliori tradizioni e nei prodotti più convenzionali, l’incontro con il sesso e una parvenza d’amore causeranno la rovina dell’essere proveniente dallo spazio che finirà bruciato come una moderna strega. La trama è individuabile con una certa fatica sotto immagini di taglio quasi informale, non tutto è chiaro o facilmente comprensibile. Anzi i punti oscuri, gli snodi non risolti, i passaggi non lineari segnano il film dalle prime alle ultime sequenze. Anche in questo caso si ha l’impressione di un’operazione puramente stilistica basata su una materia che non ha molta importanza per il regista e, di conseguenza, non appassiona lo spettatore. Immagini suggestive – questo cineasta ha un passato di realizzatore di videoclip musicali – ma anche la sensazione di un’operazione del tutto.