In mano a Steven Quale - documentarista, autore di corti, regista della seconda troupe di Avatar (Avatar, 2009) di James Cameron, autore di Final Destination 5 (Final Destination 5, 2011) - una sceneggiatura che poteva essere letta in chiave unicamente catastrofica si è trasformata nella base di un film a tratti interessante e spesso originale.
Into the Storm racconta le vicende di vice preside vedovo che ha difficoltà a gestire i suoi due figli adolescenti e di un gruppo di cacciatori di tornado che, attrezzatissimi, rincorrono queste pericolose manifestazioni della natura per documentarne i loro aspetti più drammatici. Tutto si svolge nella città di Silverston colpita e devastata da una serie di tornado senza precedenti e alla mercé degli eventi naturali. Quando i meteorologi prevedono che il peggio deve ancora arrivare molti cercano rifugio mentre i documentaristi corrono verso il vortice più pericoloso. Ogni cosa è raccontata attraverso gli occhi e gli obiettivi dei cacciatori di tornado, di dilettanti a caccia di emozioni, di persone che si trovano lì per caso, di cittadini coraggiosi. Durante la consegna dei diplomi del Liceo inizia una fortissima perturbazione. I figli del vice preside dovrebbero riprendere la manifestazione ma uno dei due si allontana per aiutare sua bella compagna nella realizzazione di un documentario per la scuola. Quando si sono tutti rifugiati all’interno del edificio, il padre si accorge dell’assenza del figlio e, aiutato dall’altro ragazzo, coraggiosamente, va alla sua ricerca. Intanto il cacciatore di tornado, coadiuvato da una meteorologa che si sente in colpa per aver lasciato la figlia troppo sola e da alcuni operatori, si dirige nell’occhio di questo fenomeno atmosferico. Si incontrano con il professore e tutti diventano eroi, anche se alcuni muoiono. Lo sviluppo è ben fatto, con scene sufficientemente limitate sulla durata dei cataclismi e un attento sviluppo della psicologia dei singoli. Vi sono personaggi collaterali tipo i due giovani che affrontano impreparati l’evento per fare un video per Youtube, l’anziano che non crede al valore dell’umanità, l’operatore che ha paura e che morirà. In poco meno di novanta minuti si dipanano una decina di storie collaterali che si uniscono in un finale forse un po’ troppo buonista. Belle le tecniche di ripresa che giocano anche sul cinema verità senza farlo divenire protagonista assoluto del film.