E’ un’opera prima a dire poco promettente firmata da Giuseppe Bonito, nato cinematograficamente come assistente alla regia di Sergio Citti, e tratta dal romanzo autobiografico di Gaia Rayneri, anche lei al suo primo impegno in questo caso letterario. I temi sono delicati (autismo, accuse infami contro il padre e quant’altro) ma trattati con vigore, dolcezza evitando il melodramma. Il film è del 2012 e ha avuto non poche difficoltà ad uscire, questo a dimostrazione che non basta realizzare un buon prodotto per ottenere quantomeno l’interesse del mercato.
Pulce non c’è di Giuseppe Bonito è un inno alla vita, alla normalità conquistata giorno per giorno. Pulce ha nove anni, occhi attenti e ascolta solo tanghi, non parla ma comunica. La madre cerca di rendere la sua vita migliore, suo padre è un medico burbero che inventa ricette a base di patate da raccontare come favole alla figlia per calmare il suo panico notturno. Un brutto giorno la ragazzina è allontanata dalla famiglia senza troppe spiegazioni ma in aria serpeggia un’infamante accusa al padre. Attraverso lo sguardo trasognato della sorella, una specie di conduttrice di tutta la vicenda, entriamo nella quotidianità di una famiglia anormale, con il suo lessico pensato per chi può solo parlare per immagini, il suo caos pieno di emergenza e amore. Senza retorica si assiste allo scontro tra mondo adulto e infanzia, tra malattia e normalità, tra rigidità delle istituzioni e legami affettivi. Grazie ad un ottimo cast, ogni cosa è proposta con assoluta credibilità in un crescendo che porta ad un finale non buonista ma positivo. Tra i tanti splendidi interpreti, da ricordare, nel ruolo dei genitori, Pippo Delbono e Marina Massironi. Francesca Di Benedetto è una sorella tredicenne di grande bravura, Ludovica Falda dà vita a Pulce e conquista subito i cuori. Mentre Piera Degli Esposti interpreta una nonna sempre presente e molto decisa. Da vedere per ragionare, discutere, pensare. Un risultato non da poco.
