Dominique Strauss-Kahn (1949), uomo politico ed economista francese, ha gettato al vento la sua quasi sicura candidatura e vittoria alle elezioni presidenziali del 2012, quelle vinte da François Hollande (1954) contro Nicolas Sarkozy (1955), facendosi coinvolgere in uno scandalo sessuale, il secondo della sua carriera, che causò la sua reclusione per sei giorni nel carcere americano di massima sicurezza di Rikers Island con l’accusa di aver stuprato una cameriera di un hotel di Times Square ove era alloggiato.
La cosa si concluse con il suo proscioglimento – causa le contraddizioni e i precedenti dalla vittima - a cui fecero seguito un patteggiamento in sede civile con il pagamento alla donna da una cospicua somma di denaro. Il regista Abel Ferrara, da sempre interessato ai complessi di colpa e agli abissi della mente degli uomini di potere, ha dedicato a questo personaggio un film, Welcome to New York, che più dei fatti focalizza l’agire di un uomo schiavo dei propri fantasmi sessuali. Un turbinio di pulsioni che lo portano alla rovina e che lui non riesce a dominare nonostante sappia che lo precipiteranno nella disgrazia. E’ un tipo di approccio decisamente discutibile e lo diventa ancor più quando si consideri che il regista affronta solo marginalmente la complessità politica in cui il sui personaggio è immerso. Non si dimentichi che all’epoca DSK era Direttore Generale del Fondo Monetario Internazionale e una delle figure di spicco, a livello mondiale, della politica francese, Questi fatti indussero non pochi commentatori a ipotizzare un vero e proprio complotto dietro lo scandalo sessuale ai danni di un personaggio che aveva non pochi nemici dentro e fuori la Francia. L’aver messo da parte questo scenario impoverisce il film e lo relega a livello di rappresentazione, superficiale e a tratti compiaciuta, di una nevrosi del tutto avulsa dallo scenario in cui è immersa.