Lucía Puenzo, al suo terzo lungometraggio, dimostra di essere perfetta narratrice sia col linguaggio filmico che con quello letterario. Non a caso, ha tratto la sceneggiatura da un suo romanzo pubblicato nel 2011, uno dei sei che fino ad ora ha dato alle stampe. Trentasettenne, ironica e determinata, pronta a buttarsi in sempre nuove imprese, è soprattutto nota per la sua opera prima realizzata nel 2007, XXY - Uomini, donne o tutti e due? (XXY), con cui tra l’altro aveva vinto a Cannes nella sezione Semaine de la Critique.
Figlia del regista Luis Puenzo vincitore del premio Oscar con La storia Ufficiale (La historia official, 1985), ha sempre respirato aria di cinema in casa ma non per questo ha scelto di dedicarsi completamente a questa forma d’arte come regista tanto da avere realizzato praticamente un film ogni due anni. Su sua ammissione, preferisce scrivere che non dirigere tanto da aver realizzato sceneggiature anche per suoi colleghi. Affrontando la trasposizione sul grande schermo del suo libro, lo ha privato di alcuni episodi per centrare maggiormente l’attenzione sulla storia principale. Una coppia di argentini assieme ai tre figli formano una famiglia molto affiata: decidono di aprire una casa vacanza dove regni solo la pace e la serenità nei pressi del lago di Nahuel Haupi. Come primo ospite hanno medico tedesco che alloggerà da loro per lungo tempo. Carismatico, elegante, dalla grande ricchezza intellettuale l'uomo ha un grande fascino su tutti, fino al momento in cui una terribile realtà viene alla luce: l’uomo è uno dei più grandi criminali della storia. Le atmosfere e i temi della costruzione dell'identità sessuale e sociale, in un connubio perfetto tra la storia che ha coinvolto l’umanità e la storia privata di una piccola realtà come lo è quella familiare nella sua scrittura filmica raggiungono altissimi livelli. Non esiste mai odio, ma c’è solo la sensazione di dovere affrontare per la famiglia una realtà troppo grande, troppo pesante quanto inattesa. La regista sembra volersi interrogare per cercare di capire le ragioni che hanno spinto il governo argentino ad aprire le sue frontiere a tanti nazisti e sul perché tanta gente apparentemente per bene sia divenuta complice di questi criminali. Si crea un contrasto tra l’immensità dei paesaggi della Patagonia e i dettagli intimi del mondo interiore dei personaggi. Forse sarebbe stato opportuno sfruttare di più, da un punto di vista drammaturgico, la bellezza selvaggia dei luoghi dove la storia è ambientata. Il cliente, rimasto da loro per sei mesi, era Josef Mengele, ricercato in tutto il mondo dai servizi segreti internazionali ed in particolare dal Mossad israeliano. Medico, militare e criminale di guerra, dopo la caduta del regime riuscì a sfuggire al processo di Norimberga. Trascorse un periodo in Germania, si rifugiò in Sud America, spostandosi successivamente in diversi paesi tra cui Paraguay, Argentina e Brasile. Il falso documento di identità che gli permise di emigrare gli fu rilasciato da Termeno in Alto Adige, comune noto per avere rilasciato diversi falsi documenti di identità a vari criminali nazisti tra i quali forse il più noto fu Adolf Eichmann.