Il found footage (la tecnica di ripresa con la videocamera apparentemente in mano ad una persona che non sa cosa sia riprendere immagini) ha raggiunto un equilibrio storico, produttivo, formale particolarmente influente nella produzione mondiale che ha avuto nei film catalani della serie REC (2007 – 2009 – 2012 – 2014) forse il massimo livello qualitativo.
L’esordio nel lungometraggio di Bettinelli-Olpin e Gillett (La stirpe del male) è qui a ribadirlo, trattandosi di una specie di trattato su quello che si può o non si può fare con la ribollente materia del genere: La stirpe del male è un titolo che potrebbe essere utilizzato per spiegare questo stile narrativo unito al più classico mockumentary (falso documentario). Detto questo, non pensiate che si sia di fronte ad un capolavoro o che il film riesca realmente a terrorizzare. La differenza con tanti che lo hanno preceduto è l’attenzione per i particolari extra storia horror bene inseriti in una sceneggiatura fluida. Quindi, ben delineate le figure dei parenti ed amici, equilibrati gli interventi da paura all’interno di situazioni di banale normalità. Ovviamente, viene da domandarsi come una moglie possa sopportare che il novello sposo continui a riprenderla sempre, non lasciandole un attimo di tregua, senza che venga accusato di essere un perverso maniaco; per il resto, tutto è accettabile. Una ragazza corona il suo sogno d’amore convolando a nozze con il fidanzato innamorato e, in questa maniera, entra nella sua serena famiglia; per lei è importante perché è stata fatta nascere dall’utero della madre morta in un incidente. Vanno in Repubblica Dominicana, si rilassano e l’ultima notte prima di tornare a casa accettano invito di tassista che li porta nella vera Santo Domingo tra gente sbronza, riti di vario tipo e ubriacature. Una vecchia li terrorizza leggendole la mano, lei non vuole sapere cosa ha visto e torna turbata negli Stati Uniti dove ben presto si accorge di essere incinta nonostante stesse prendendo la pillola. Marito felice, lei ancora studentessa un po’ meno. Ben presto il feto crea problemi con la sua padrona di casa che lo odia perché le dà molti dolori e poche gioie. Sembra tutto normale, ma non è così. Professionalmente accettabile, discretamente interpretato, diretto senza troppe sviste non riesce, però, a coinvolgere più di tanto dando l’impressione che la parte di scrittura abbia il sopravvento sulle immagini.
