Noah (Noè) dell’americano Darren Aronofsky (1969) era un film molto atteso, diciamo subito che l’aspettativa ha prodotto (quasi) un topolino, visto che il film raramente va oltre la superproduzione ricca di effetti speciali e di comparse. Quando esce da questi binari lo fa in modo decisamente maldestro, creando un personaggio (nella Bibbia non è molto ampio lo spazio dedicato alla storia dell’Arca e del Diluvio Universale, l'intera vicenda è contenuta nei capitoli dal 5 al 9 della Genesi) che combatte con il mondo e con la malvagità degli uomini valendosi di una serie di ingredienti e personaggi nati dalla fantasia del regista.
Tali sono i mostri in pietra e fuoco (gli angeli decaduti) che permettono al prescelto di costruire la grande Arca e popolarla con un coppia di ogni specie animale. Sullo stesso piano si collocano gli uomini malvagi e il loro capo che voglio profittare del manufatto per salvarsi dalla collera di Dio. Anche all’interno della famiglia dell’eletto non sono poche le figure inventate di sana pianta, ad iniziare dalla moglie del protagonista. Analogo discorso sia per le situazioni come il tentativo di uccisione dei gemelli del figlio, la cui esistenza contrasterebbe con la volontà del Creatore, o l’invenzione del vino che segna la decadenza di Noè sino a renderlo ebbro e allontanarlo dalla famiglia e dai giusti valori. Malignamente si potrebbe vedere in quest’ultima scelta un tentativo (maldestro, vista la condatta emessa da alcuni integralisti di quella parte scandalizzati alla sola idea che si possano rappresentare profeti e patriarchi) di consentire la circolazione del film anche in quei paesi mussulmani che condannano il consumo dell’alcol. In poche parole un prodotto fracassone, pieno di pseudo sentenze morali, pasticciato e quasi indigeribile.