Il trentottenne campano Francesco Prisco per la sua opera prima, Nottetempo, ha scelto di cimentarsi in una vicenda al limite del noir, con grandi aperture verso la psicologia dei tre personaggi principali che vivono emozioni e drammi, solitudine, insoddisfazione. Temi difficili per un autore esperto, ancora di più per chi ha realizzato mezza dozzina di corti oltre a vari spot pubblicitari e che dice di essere ispirato tra gli altri da Clint Eastwood, Alejandro González Iñárritu, Jean-Pierre Jeunet e Martin Scorsese senza averli realmente capiti.
Si ha la sensazione di essere di fronte ad una persona che si senta un piccolo Maestro senza averne, per ora, le caratteristiche. Racconta di un Poliziotto della Stradale trasferitosi in Campania da Bolzano per sfuggire ad una paternità non voluta e alla cura del padre infermo, di un incidente stradale in cui bus si rovescia nella notte lasciando come unica superstite una ragazza innamorata segretamente dell’uomo che l’salvata, di un cabarettista in declino che carica in auto la superstite portandola verso il Nord per raggiungere il suo uomo mai davvero conosciuto. La sceneggiatura non aiuta a capire i vari passaggi e alcune idee iniziali sembrano abbandonate come fossero inutili. Ad esempio, nulla è detto di un eventuale senso di colpa del poliziotto che aveva fermato il bus prima dell’incidente per eccesso di velocità e che lo aveva lasciato andare perché l’autista gli ha regalato una foto che gli ricorda il passato e lo spinge ad iniziare il viaggio verso le terre natie. Il film vorrebbe essere un noir con contaminazioni da film on the road ed, invece, ben presto si trasforma in un noioso melò. L’utilizzo esasperato del simbolismo punteggia l’opera senza arricchirla di riflessioni davvero originali. E’ utilizzata più volte l’immagine del vetro appannato, che prelude alle fantasticherie della ragazza, quasi una finestra sul suo mondo di sogni, ma quest’utilizzo ripetuto crea ulteriore noia. Non basta a Giorgio Pasotti avere rinunciato al suo ciuffo per sembrare un cattivo (o, meglio, un uomo in conflitto con se stesso) e nessuno degli altri interpreti è convincente. Nemmeno il solitamente bravo Gianfelice Imparato che non riesce a rendere in maniera credibile il suo drammatico personaggio, nemmeno Nina Torresi dallo sguardo vacuamente sognante ed inespressivo. Oltretutto, per incassare contributi delle regioni Campania e Trentino Alto Adige ufficialmente il film è ambientato in quei luoghi, ma potrebbe essere qualsiasi altro posto; non viene utilizzata la possibilità fornita di un viaggio dal Sud al Nord, non viene detto nulla che giustifichi lo sviluppo delle vicende.