Yves (Henri Donat Mathieu) Saint Laurent (1936 – 2008) è stato uno stilista di grande fortuna che ha rivoluzionato la moda con largo anticipo sui suoi colleghi. Anticipò Giorgio Armani nel proporre alle donne capi che, siano a quel momento, erano considerati esclusivamente maschili: il blazer, la sahariana, lo smoking, il trench, il giubbotto di pelle, il tailleur-pantalone. Anticipò gli altri anche nel portare la moda nelle strade, sottraendola all’aria di sacralità e di iperclassismo che l’aveva segnata sino ad allora.
Fu il primo a trarre ispirazione da grandi artisti come Picasso, Andy Warhol, Matisse, Braque, Mondrian, David Hockney, quando ancora vigeva una netta separazione fra il disegnare abiti e le opere dei grandi artisti. Omosessuale dichiarato ebbe come compagno di vita, fra alti e bassi, Pierre Bergé che gestì nella pratica quotidiana gli affari della maison e sorresse il creatore nei momenti più duri e travagliati della sua vita. A lui dobbiamo una delle definizioni più lucide e sintetiche del lavoro di YSL: se Chanel ha dato alle donne la libertà Yves Saint Laurent ha dato loro il potere. Jalil Lespert, attore e regista anch’egli d’origine franco – algerina, ha dedicato al grande stilista un film, Yves Saint Laurent, un’opera che ha avuto l’avallo di Pierre Bergé e ne percorre la vita, dall’arrivo nel 1957 come direttore artistico alla Maison Dior, sino alla scomparsa nel 2008, causa un tumore al cervello. E’ il classico film biografico che sposa l’abusata equazione: genio e sregolatezza. Un approccio che limita ogni snodo alle passioni dei protagonisti e riduce lo scenario storico ad una sfilata di capi d’abbigliamento. Un scelta esiziale per un film che avrebbe potuto disegnare il panorama della Francia durante un cinquantennio ricco di eventi, dalla guerra d’Algeria – qui assunta a puro pretesto per il rifiuto del protagonista all’arruolamento – alle rivolte giovanili della fine degli anni sessanta, ai fermenti culturali degli anni settanta e ottanta.