Il regista milanese Angelo Longoni firma il suo quinto film realizzando una classica commedia che tratta di uno dei temi più utilizzati per fare ridere: l’infedeltà. Pur non essendo peggio di tanti altre produzioni, è proprio nell’assoluta assenza di novità, di trovate, di piccoli o grandi colpi di scena che si sente la povertà del prodotto. L’unica idea interessante è quella che dà inizio a Maldamore: un interfono per bambini lasciato acceso per sbaglio, mentre nella stanza due cognati si rivelano segreti inconfessabili alle reciproche compagne di vita.
Dall’altra parte le rispettive mogli che dapprima pensano di essere loro al centro degli interessi dei coniugi per poi scoprire di essere tradite. Dopo questo un nulla riempito di gag risapute, di un’amante molto più giovane nonché attricetta volgare piena di torbido erotismo, il coraggio da parte di una delle mogli di confessare lei stessa di avere avuto qualche innocente relazione sessuale, la rabbia della donna che mai ha tradito di essere circondata da fedifraghi. Anche per lei, ovviamente, ci sarà la possibilità di mettersi alla pari con gli altri grazie ad un ventenne che la fa sentire realmente una ragazzina. Oltre novanta minuti in cui si immagina sempre come terminerà la scena in atto, Claudia Gerini ubriaca che ama i giochi sado-maso incatenando Zingaretti e così via verso un finale che, forse, accontenta tutti. I personaggi prendono atto dell’esistenza di compromessi, di segreti, tradimenti e devono ricominciare la loro vita imparando a perdonare se stessi e gli altri. Comprenderanno che l’amore è assolutamente ingovernabile e non può essere sottoposto alle ferree regole dell’intransigenza o delle convinzioni assolute. Alla faccia delle tristi coppie in cui le corna non esistono né sono mai state pensate come sistema per rinvigorire rapporti un po’ logorati dal tempo. Luca Zingaretti ed Alessio Boni non demeritano e dimostrano la differenza tra un attore vero e chi lo è diventato per caso con una dizione perfetta: peccato che i dialoghi siano privi di interesse. Ambra Angiolini lascia come sempre uno strano senso di disagio in chi la guarda perché ha un volto simpatico unito ad una scarsa capacità interpretativa. Meglio Luisa Ranieri che nella sua soffusa carnalità offre una carica di casereccio erotismo alla moglie tradita e traditrice. Adolfo Margiotta è un marito ingannato che vorrebbe suicidarsi ma che non trova il coraggio, raccontato più attraverso smorfie e battute dette con l’accento che caratterizza i suoi personaggi che non con quanto dice. Non un film pessimo, ma un film che dimostra la scarsa creatività di tanti nostri sceneggiatori.
