Carlo Verdone ha sempre firmato opere di buon livello che avevano per punto di riferimento i momenti più alti di quel filone che è andato sotto il nome di commedia all’italiana, un genere cinematografico alla cui base c’era un impasto i comicità, tristezza e acute osservazioni sociali. I risultati del lavoro di questo cineasta non sono sempre stati di primo livello, ma i suoi film non sono mai scaduti nella volgarità o nella faciloneria. La sua ultima fatica, Sotto un buona stella, rappresenta uno dei massimi punti d’arrivo della sua filmografia.
La storia raccontata è semplice. Un manager finanziario ha la vita sconvolta dalla morte dell’ex moglie, un evento luttuoso che costringe i suoi figli ad andare a vivere con lui che, a dir poco, non lo amano e dalla perdita del lavoro dovuto all’intervento della Guardia di Finanza nella ditta che gestisce. I militari arrestano un suo socio e chiudono l’azienda causa non meglio precisate frodi ai danni dei clienti. Nella nuova casa in cui il terzetto è costretto ad andare a vivere – un grande appartamento tutt’altro che modesto – si trovano come vicina una giovane che di professione fa la tagliatrice di teste ma che è talmente preda ai rimorsi per ciò che deve fare che, fuori servizio, si ingegna per trovare un lavoro a coloro che ha fatto licenziare. Ovvio che fra il padre recalcitrante e la bella professionista scoppi la scintilla dell’amore, ma perché ciò avvenga occorre che si sviluppino non poche vicende più o meno credibili o divertenti. Il nocciolo del film ruota attorno a due temi: il rapporto fra genitori e figli e le storie sentimentali fra persone sole. Il primo argomento è quello più sviluppato e, anche se non vi mancano gli snodi buonisti e prevedibili, avvia qualche riflessione non banale. Il secondo appare decisamente più scontato e dice ben poco di nuovo. Nel complesso un film onesto e realizzato con pudore e grande rispetto per il pubblico.