Ciascuno di noi è immerso, nolente o volente, in una fitta rete elettronica che consente a chi ne abbia mezzi e opportunità di spiare ogni nostro movimento, venire a conoscenza di preferenze e segreti. Telefonini, computer, ma anche carte di credito o fedeltà, passe elettroniche dei supermercati raccolgono in continuazione informazioni sui nostri spostamenti, gusti, scelte commerciali. Disconnect (Scollegato) è il primo lungometraggio diretto dall’americano Henry Alex Rubin dopo un lungo apprendistato nel documentario e nel settore degli spot commerciali.
Vi si raccontano alcune storie tenute assieme dalla dipendenza o dalla sottomissione dei vari personaggi alle tecniche o ai sistemi elettronici. Un paio di ragazzacci inducono al suicidio un coetaneo timido e introverso facendogli credere che una bella fanciulla sia disposta a fare sesso con lui. Un coppia borghese è condotta sull’orlo della rovina da una criminale che ha clonato il loro profilo elettronico, carte di credito e conti bancari compresi. Una giovane produttrice televisiva, in vena di scalate carrieristiche, cerca di realizzare un servizio sui ragazzi che si prostituiscono via internet ed entra in un mondo spietato e feroce. Un ex – poliziotto si dedica anima e corpo alla lotta contro le frodi elettroniche, ma non si accorge che suo figlio, con cui ha un rapporto a dir poco ruvido, si allontana sempre più da lui e sta precipitando nel crimine elettronico. Sono storie che potrebbero essere reali e che, in ogni caso, riproducono decine di situazioni di cui sono piene le pagine dei giornali. Il film ha il taglio di un poliziesco con i buoni che tentano, spesso senza riuscirci, di punire i cattivi e questo toglie spessore all’indagine e alla denuncia trasformando il racconto in una caccia al colpevole assai meno interessante del clima che vorrebbe indagare. Un difetto non da poco, ma che non compromette del tutto la valutazione del testo.
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