Stan Lee, tra i creatori del personaggio, questa volta compare nel usuale piccolo cammeo che si concede interpretando se stesso. Il novantunenne, creatore di tanti personaggi per la Marvel, apparentemente è in ottima forma e non sembra volere abbandonare il suo compito di executive producer dei lavori tratti dalle sue creature. Dopo questo film, ha avuto lo stesso ruolo produttivo in cinque serie televisive, nel film d’animazione Iron Man & Hulk: Heroes United (Iron Man e Hulh. eroi uniti, 2013) e ha impegni in working in progress fino al duemila quindici vale a dire in altri dodici impegnativi progetti.
Quando l’editore è passato anche per la parte cinematografica e televisiva alla Disney, ha ottenuto di mantenere gli stessi incarichi. Del resto, difficilmente il suo nome è stato legato a dei flop, e questo gli permette di dettare le sue condizioni, non ultimo di avere l’ultima parola nella scelta dei registi. Thor: The Dark World di Alan Taylor rispetta la regola non scritta che il secondo capitolo di queste saghe sia sempre più tinta di dark della prima: Thor compie le sue gesta nell'oscurità dei capitoli di mezzo, dove tutto sembra perduto e le atmosfere cupe vengono usate come elemento pubblicitario inserendolo nel titolo, quel The Dark World che fa sognare i suoi fan. Per salvare i Nove Regni dell'universo dagli elfi oscuri guidati da Malekith é costretto a prendersi come alleato il pericolosissimo nemico di sempre, il fratellastro Loki tenuto prigioniero nelle celle di Asgard dopo la sua ultima avventura poco eroica a New York raccontata con bravura in The Avengers (2012) da Joss Whedon. La battaglia in cui Thor e Loki si alleano per vendicare gli abitanti di Asgard è la parte migliore del film con effetti speciali molto bene inseriti nella narrazione. Non è nuovo l’utilizzo della formula in cui due super nemici si uniscano per una onorevole causa, rispettandosi ma temendosi; lo stesso Stallone in Rocky III (1983) aveva fatto una cosa simile con Balboa e Apollo Creed. Peccato per la scelta di sceneggiatura che porta Thor a scendere sulla Terra per il combattimento finale e per difendere l'amata: una caduta di ritmo, di credibilità, di divertimento notevole. Per Alan Taylor non è stato facile venire dopo Kenneth Branagh che aveva realizzato forse il migliore film tratto dai personaggi Marvel. Sicuramente poteva fare meglio unendo alla grande abilità nella configurazione visiva di ambienti, scenografie e battaglie, un tono narrativo meno ironico che, però, gli è stato vietato da una sceneggiatura che sembra preferire l'intrattenimento epidermico alla piena immersione dentro gli spazi e i conflitti. Peccato perché ridicolizza Thor ed il suo micidiale martello che hanno compiuto la grande impresa di difendere tutto il mondo e, fino ad ora, di non cadere nel ridicolo.