La gabbia dorata - La jaula de oro (La jaula de oro) è un bel film diretto dallo spagnolo, trapiantato nel continente sudamericano, Diego Quemada-Diez, qui all’esordio nel lungometraggio dopo essere stato assistente operatore per Terra e libertà (Land and Freedom, 1995) di Ken Loach. Un film basato su un impianto generosamente neorealista che racconta l’odissea subita da quattro quindicenni, Juan, Sara, Chauk e Samuel, in fuga dal Guatemala con la speranza di arrivare negli Stati Uniti, passando per il Messico.
Debbono affrontare ostacoli d’ogni sorta imposti dalle autorità di frontiera – messicane e americane – dai malavitosi che lucrano sui poveracci che tentano la strada verso una vita migliore e dai vari sciacalli che si trovano sul cammino. Uno solo di loro arriverà a destinazione, ma scoprirà che la meta tanto agognata non è affatto promettente e generosa quanto sembrava. L’opera ricostruisce un vero e proprio calvario fatto di agguati, rapine, violenza sulle donne. E’ la radiografia di una feroce condizione di sfruttamento dei più poveri ad opera sia di coloro che dovrebbero curare la sicurezza pubblica, sia delle organizzazioni criminali. Come già detto è un film basato su un approccio neorealista e di denuncia sociale, forse nulla di veramente nuovo, ma un testo generoso e, come si diceva un tempo, civilmente impegnato. Un’opera girata in super 16, una formato inusuale per il cinema commerciale e comune a quello documentario e già questo testimonia la vocazione militante del regista. Potrebbe sembrare poco, ma non è così tenuto conto del progressivo affievolirsi della coscienza politica e della giusta indignazione a proposito di temi sociali di grande importanza come quelli affrontati in questo film il cui insieme d’interpreti ha ricevuto il premio A Certain Talent di Un Certain Regard del festival di Cannes di quest’anno che lo ha ospitato.