Nel 1959 Dino risi diresse Il vedovo, gli interpreti erano Franca Valeri e Alberto Sordi, la sceneggiatura la firmavano Rodolfo Sonego, Fabio Carpi, Sandro Continenza, Dino Verde e Dino Risi. Il film ebbe un buon esito, sia di critica sia di pubblico, e molti lo considerano ancora oggi come una delle opere fondanti di quella commedia all’italiana che mieterà allori al botteghino e, considerata retrospettivamente, rappresenterà uno dei quadri più fedeli dell’Italia degli anni sessanta e settanta. Una situazione ben rappresentata dal grattacielo milanese, la Torre Velasca, in cui abita la coppia e che compare di scorcio anche nel nuovo film malgrado l’ambientazione vagamente torinese.
Massimo Venier ha diretto e sceneggiato, con Ugo Chiti, Massimo Pellegrini, un brutto rifacimento di quel film, Aspirante vedovo, affidandone i ruoli principali a Luciana Littizzetto e Fabio De Luigi. Anche se le note di regia parlano di una ricostruzione libera dell’opera le modifiche apportate sono quasi trascurabili. Si parla di aerei invece che di treni, di negozi di elettrodomestici anziché di imprese fallimentari, di incidenti d’auto invece che di precipizi nelle trombe dell’ascensore, ma niente di più. Tutto il resto è rimasto quasi uguale, con la contrazione di alcuni ruoli, in particolare quello dell’amante del protagonista ma poco d’altro. Già questo dovrebbe dare l’idea dell’inutilità del rifacimento, ma il vero punto debole è nell’impianto generale del film. Laddove Dino Risi e i suoi collaboratori avevano efficacemente disegnato gli albori di un paese che stava abbandonando qualsiasi morale in favore di un culto sfrenato della speculazione e del denaro, Massimo Venier e i suoi hanno scelto la strada delle punzecchiature qualunquiste e immotivate contro lo Stato, la politica e le istituzioni varie, chiesa compresa. In questa prospettiva la storia del costruttore pasticcione oppresso da una moglie multimilionaria e abilissima negli affari che lui tenta di sopprimere per ereditarne il denaro, rimanendo vittima delle sue stesse trame, non va oltre la barzelletta stantia e prevedibile. In altre parole, laddove c’era un acuto preannuncio di un futuro prossimo venturo è rimasta una noiosa tiritera da varietà televisivo, per giunta mal interpretata e piattamente diretta.