Boris Vian (1920 – 1959) è stato uno scrittore, poeta, paroliere e musicista jazz di fama mondiale. Le sue posizioni politiche anarco - pacifiste lo portarono a scontarsi violentemente con le autorità: la canzone Le déserteur (Il disertore, 1954) fu pubblicata il 27 maggio di quell’anno, il giorno della disfatta della Francia nella Battaglia di Dien Bien Phu, che segna la fine della guerra in Indocina, e diventò un vero caso giudiziario.
Uno dei suoi romanzi più noti è L'Écume des jours (La schiuma dei giorni, 1947), un testo che Daniel Pennac disse doveva essere letto più volte nel corso degli anni: a diciotto anni prevale la griglia interpretativa della passione amorosa, a quaranta quella della critica sociale, a sessanta quella del pessimismo e della tragedia che tutto annulla. Lo stile di questo autore è fantastico e surreale con uomini – topo, piante carnivore, edifici che, similmente agli umani, crescono e deperiscono con il passare del tempo. Michel Gondry, regista francese di videoclip musicali e film non banali (Se mi lasci ti cancello - Eternal Sunshine of the Spotless Mind, 2004; L'arte del sogno - La science des rêves, 2006) si è cimentato nella scommessa, quasi impossibile da vincersi, quella di portare sullo schermo le pagine di questo libro. Il suo Mood Indigo – La schiuma del giorni (L'Écume des jours) fa sfoggio di fantasia realizzata al computer o con scenografie imponenti e originali, ma non riesce minimamente a tenere il passo con il fascino che promana dalla pagina scritta e consegna all’immaginazione del lettore il diritto – dovere di rielaborare e ricostruire mentalmente quanto letto. Qui anche i momento più riusciti sanno di cartapesta e fondali di tela. La storia è quella dell’amore fra il benestante Colin e la bella Chloè. Si amano, sposano, ma lei sia ammala di un male incurabile (nel petto ha una ninfea che le succhia la vita). Lui spende tutto ciò che possiede per farla curare, ma invano. Alla fine un incendio distruggerà ciò che resta del loro nido d’amore. Una metafora trasparente, che, traghettata sullo schermo diventa banale.
