Dante Ariola è un regista pubblicitario di grande successo che firma il suo primo lungometraggio interpretato da due attori di sicuro appeal e bravura quali Colin Firth ed Emily Blunt. Il mondo di Arthur Newman racconta una fuga da se stessi, del tentativo di un uomo di lasciarsi alle spalle una vita che non lo soddisfa per una nuova esistenza in cui non fare gli stessi errori della precedente. Invece non è così perché incontrando una ragazza, forse drogata, nel primo motel dove si ferma, parte col piede sbagliato ammesso che il suo desiderio fosse di avere una gratificante e tranquilla felicità.
Divorziato con figlio adolescente che non lo considera perché troppo impegnato a godersi gli agi del nuovo suo status sociale, ha anche un lavoro che non lo gratifica. Compra una nuova identità, lascia la sua auto familiare in zona deserta sopra una scogliera con abbandonati vestiti e documenti di identità per fare pensare si sia ucciso. Prosegue con macchina sportiva ed una borsa piena di contanti, giunge ad un motel dove incoccia dalla piscina ragazza malandata che aiuta portandola in ospedale. Da quel momento lei, tra un pianto e l’altro, lo svezza ad una vita spericolata, con intrusione in case altrui per fare all’amore e dove poi lasciano una loro foto Polaroid. E’ una vita eccitante, ricca di pericoli, che però non appartiene a nessuno dei due tanto da vederli sempre meno convinti di questa loro scelta. A causa di una sceneggiatura che non ha mai il coraggio di affrontare in maniera più approfondita questa vicenda umana, tutto scivola sullo schermo senza lasciare apparente traccia. Manca l’interesse di farci scoprire chi erano e chi sono diventati queste due persone così diverse tra loro anche per età che il destino ha fatto incontrare ed unire. Salgono sull’auto, si cimentano in un on the road dove a tratti la ragazza sembra cedere verso un non sopito desiderio di normalità, parlano moltissimo ed agiscono poco. Lui gioca benissimo a golf, ma di una sua disavventura in quel mondo per lui importantissimo si vede solo un’immagine senza spiegare o giustificare cosa era successo prima o dopo. Colin Firth inforca occhiali da nerd per dimostrare di essere un borghesuccio piccolo piccolo, Emily Blunt è vista come trasgressiva per come si vesta e per piccoli scorci della sua nudità: due stereotipi che non riescono a reggere il peso di un film che sembra durare un’eternità ed in cui si cura molto più la perfezione delle ambientazioni piuttosto che una linea narrativa accettabile.
