Era molto atteso L’intrepido che Gianni Amelio ha diretto a due anni di distanza da Il primo uomo e la non breve parentesi alla direzione del Festival di Torino. Un’attesa, diciamolo subito, andata parzialmente delusa. La storia ha al centro un quarantottenne milanese disoccupato e divorziato che si è inventato un nuovo mestiere, quello del rimpiazzo. Vale a dire la sostituzione di quanti, per una ragione o per l’altra devono assentarsi dai posti di lavoro. All’inizio la vediamo fare i mestieri più diversi, dall’edile al tramviere, dall’addetto alla cucine di un ristorante al facchino al mercato del pesce.
Nonostante questa esistenza non esaltante – in aggiunta deve fare i conti con l’anziano proprietario di una palestra che gli procura i lavori, ma non disdegna fornire bambini ai pedofili – Antonio Pane, questo il nome del protagonista, coltiva un’esistenza felice, onesta e ottimista. Un percorso di vita che ha superato il divorzio da una moglie che gli ha preferito un traffichino che si è arricchito vendendo agli africani protesi ed è alimentato dall’ammirazione per il figlio, sassofonista jazz, a cui sembra si stia aprendo una brillante carriera. Naturalmente non tutto è rosa come sembra, basta l’incontro con una ragazza in crisi, prossima suicida, e la scoperta dei triboli del figlio per costringerlo a cambiare indirizzo. Ora lavora in una miniera albanese – qui il regista rovescia la prospettiva del suo film sugli schipetari immigrati nel nostro paese (Lamerica, 1994) – ma non ha perso d’ottimismo al punto da far uscire il figlio, in tournée in quel paese, da una crisi a cui non è estraneo l’uso di sostanze proibite. E’ un film che esalta la forza di una generazione che sembra essersi smarrita nel gorghi della storia e dalla politica, ma che ritrova in questo piccolo uomo, onesto e sereno, un filo di speranza. Ottimi intenti, sorretti solo parzialmente da una racconto che la regia non riesce a concludere in modo netto, ci sono almeno tre finali, e che inciampa in un cast che, Antonio Albanese a parte, appare del tutto inadeguato alla bisogna. Come dire un film ricco di buone intenzioni e con qualche invenzione memorabile, ma sostanzialmente privo di una linea unitaria.