Elysium è ambientato nella Los Angeles del 2154 ridotta ad un insieme di macerie in cui cercano di sopravvivere i terrestri meno fortunati, quelli che non si possono trasferire in quell’appendice rotante del pianeta in cui è stato ricostruito il meglio della Terra. Questo lo sfondo su cui poggia il nuovo film di Neil Blomkamp, regista a cui piacciono allegorie facili e situazioni talmente esemplificate da rischiare di far apparire fin troppo ingenuo il messaggio socialmente importante che vorrebbe trasfondere. Del resto, anche in District 9 (2009) sua opera d’esordio, il trentaquatrenne sudafricano coccolato genio pubblicitario prediletto da Ridley Scott, più che su un cast di ordinaria ed efficace amministrazione, puntava sugli effetti specialissimi per cui è famoso con le automobili transformer che s'alzano e ballano come Joe Travolta: è il teorico della robotizzazione e i suoi film cercano di raccontare l’incubo quotidiano cresciuto tra fantasy e apartheid, con molti epidermici approfondimenti sull'avanzata della biotecnologia.
Nel 2009 raccontava di alieni emarginati arrivati trent'anni prima sulla Terra che convivevano pacificamente con gli esseri umani anche se reclusi in un territorio in Sud Africa chiamato District 9, qui di esseri umani di seconda categoria sempre emarginati dal fatto di essere loro a lavorare per la ricchezza dei fortunati abitanti di Elysium, dal vivere in un pianeta contaminato irreversibilmente nell’atmosfera e dal terreno inquinatissimo: in realtà, l’interesse del regista è sempre rivolto all’emarginazione, anche se non è in grado di portare avanti questo nobile tema con la sua sceneggiatura in cui troppo spesso utilizza più immagini che personaggi cercando nella maniera più semplice di creare disagio nello spettatore. In effetti, la visione del film crea tensione, al limite anche partigianeria verso i deboli, ma è difficile pensare che questo regista sia ancora un autore vero come vorrebbe il suo patron Ridley Scott: un buon spettacolo popolare, ma non un film di denuncia. Nel futuro gli esseri umani si divideranno in benestanti che vivono su stazione spaziale e il resto della popolazione che sopravvive nella disastrata Terra. Qui tutti sono disperati e vorrebbero fuggire dalla povertà dilagante; inoltre molti hanno bisogno di cure mediche disponibili soltanto su Elysium dove una macchina rigeneratrice riesce a ricostruire tessuti distrutti da malattie o da sanguinosi combattimenti. Un operaio che da giovane aveva cercato di combattere il sistema con tutti i mezzi, compreso furti e piccoli atti di terrorismo, a causa di scellerato ordine del suo caposquadra rimane contaminato da radiazioni che gli procureranno la morte entro cinque giorni. Contatta un amico d’infanzia tra i più attivi della Resistenza e collaborando con lui dovrebbe ottenere un lasciapassare per giungere lassù e guarire; incontra anche una sua compagna di infanzia con figlia in punto di morte che lo aiuterà per potere fare anche lei il viaggio della speranza. Lui saprà fare le giuste scelte e aprirà a tutti i reietti le porte di questo paradiso. Elysium è un film di propaganda populista ma non per questo deve essere considerato poco interessante: il problema è che si è più affascinati dagli straordinari effetti visivi, da una location che usa autentiche zone di degrado soprattutto dei sobborghi di Città del Messico che non dalla storia vera e propria. Judie Foster tratteggia professionalmente la figura del perfido ministro che usa qualsiasi mezzo per salvare la diversità, Matt Damon trasformato in robocop non è molto credibile, bravissimi tutti i comprimari scelti con attenzione e che sono i veri protagonisti umani della vicenda.