Solo Dio perdona - Only God Forgives del danese, trasferitosi negli Stati Uniti, Nicolas Winding Refn si muove in pieno spirito tarantiniano ambientando a Bangkok una storia trucida di vendette e ammazzamenti vari. L’americano Julian è fuggito nella capitale thailandese per sottrarsi alla giustizia del suo paese. Qui dirige una palestra di box thai che serve da copertura per traffici di droga al servizio della cosca, ora guidata da sua madre, rimasta negli Stati Uniti.
Nei fatti obbedisce agli ordini del fratello maggiore che ha il vizio di picchiare le giovani prostitute con cui si accompagna quando è ubriaco. Con una esagera e la uccide. Un imperturbabile ispettore di polizia in pensione, soprannominato l’Angelo della vendetta, interviene sulla scena del delitto e decide che sia fatta giustizia sommaria: fa venire il padre della ragazza e lo lascia solo con l’assassino. Il genitore della morta ammazza di botte il colpevole, ma anche questo è un crimine, per cui l’ex - poliziotto gli taglia un braccio . Ne nasce una serie di vendette e contro vendette organizzate dalla madre dell’americano, piombata in Asia dagli Usa. La donna capeggia un’organizzazione criminale molto potente, ma anche lei finirà ammazzata dal poliziotto - giustiziere. La sequenza finale vede Julian sfidare il vendicatore, ma senza molte speranze di uscire vivo dallo scontro. Il film è pino di ammazzamenti, getti di sangue, sbudellamenti, spari, conflitti mortali. Non c’è un preciso filo logico, meno che mai morale, ciò che interessa al regista è la rappresentazione della violenza di per se stessa, tutto il resto è semplice fumo di copertura. Con buona probabilità il film piacerà agli estimatori del regista di Django Unchained (2012), ma non a chi chiede al cinema riflessione e non sola esibizione di muscoli.