Nell’opera prima Amaro Amore vi sono tutte le caratteristiche negative che si possano temere di trovare in un film realizzato da chi ha atteso tanto, forse troppo, il momento di passare dagli spot pubblicitari al sogno di divenire autore. Francesco Henderson Pepe è riuscito a fare riconoscere come d’interesse culturale dal ministero un pasticciaccio in cui cerca di trovare atmosfere di grandi come Michelangelo Antonioni e Roberto Rossellini proponendo un melò con pochi dialoghi e tanti nudi, dove si cerca in tutte le maniere di contrabbandare per arte quello che neppure ci assomiglia.
E’ vero, le immagini firmate dal bravo ed esperto Fabio Zamarion sono particolarmente belle, ma raccontano solo l’esteriorità priva d’anima di un progetto che ha richiesto anni per la stesura e che, alla fine, sembra realizzato in un caldo pomeriggio d’estate da uno sceneggiatore frettoloso. Invece, sono coinvolti nomi del livello di Giacomo Scarpelli e Marco Tiberi come coordinatori di tre colleghi che, probabilmente, hanno troppo amato quello che volevano raccontare per riuscire ad avere un punto di contatto col pubblico. Tutto avviene nell’arcipelago ove l’isola di Salina è forse il posto più affascinante ma che per ricostruirne le atmosfere si utilizzino stereotipi di pescatori che sistemano le reti, escono in barca e hanno il viso rugoso. A questo si aggiungono le comari, tutto per raccontare di una vicenda segreta avvenuta tanti anni prima che è svelata negli ultimi minuti ma che è così ovvia che si capisce dopo cinque minuti di proiezione. Due fratelli francesi giungono nell’isola, dove era nata la loro madre, per conoscere le loro origini e per fare una vacanza spensierata. Conoscono un ragazzo che si arrabatta facendo il cameriere in un elegante bar dove il padrone è segretamente innamorato della madre vedova. Nasce un rapporto a tre in cui i forestieri si dividono il giovane che, oltretutto, aiutato da uno straniero dal losco passato, sta cercando di rimettere in mare il peschereccio del padre. C’è l’amore tra i ragazzi, quello tra l’ex galeotto e pittrice che diventa amica della francese, c’è una terza storia d’amore vissuta con pudore dai più anziani. Il tutto con dialoghi tra francese, siciliano e italiano, l’assoluta inconsistenza di quanto detto e fatto, con attori che non credono in quello che fanno o semplicemente non sono artisticamente dotati. Dispiace sia coinvolta Angela Molina come vedova sicula disegnata in maniera grottesca. L’unico che si salva è Yorgo Voyagis ma, da solo, non riesce certo a reggere il peso di un film in cui tutto, ma proprio tutto, suona di falso. Per la cronaca, oltre avere ottenuto finanziamenti culturali di vario tipo, il film è coprodotto da Rai Cinema e distribuito da Luce Cinecittà. Garanzia di qualità delusa dal risultato finale ottenuto con un prodotto girato tre anni orsono di cui poco si sapeva e pochissimo si ricorderà.