Che Valeria Golino fosse un’attrice sensibile e brava era cosa nota, con Miele scopriamo anche le sue doti di regista precisa e originale. E’ la storia - tratta dal romanzo Vi Perdono (2009) di Angela del Fabbro, con buona probabilità pseudonimo di Mauro Covacich (1965) - di Irene, soprannominata Miele, che vive aiutando le persone a morire. Il tema è, dunque, quello del suicidio assistito, operato dalle mani di una candida trentenne che entra in crisi quando le propongono di aiutare a morire un professionista sulla settantina che gode di ottima salute, ma è oppresso della noia del vivere.
E’ a questo punto che la giovane si rende conto che quello che le chiedono è un vero e proprio omicidio, un delitto non velato da alcuna giustificazione umanitaria. E’ una crisi che la induce a ripensare la sua intera vita e a mettere in discussione anche i rapporti utilitaristi che ha con un paio di partner, con uno dei quali mescola letto e affari. Ne emerge il ritratto impietoso e terribile di una donna sola, che sublima nel rituale - preciso e quasi insensibile - di dare la morte agli altri un terribile vuoto esistenziale. E’ anche il momento in cui la giovane si rende conto che anche i malati terminali più disperati non hanno, in realtà, alcuna vera voglia di morire. Sono avvinghiati alla vita anche quando questa impone condizioni terribili. E’ un viaggio all’interno della coscienza che approda solo a una quiete momentanea e lascia più domande che risposte. Un testo di questo tipo richiedeva un interprete di grande sensibilità e duttilità e Jasmine Trinca (1981) mostra abbondantemente di possederle entrambe, licenziando un’interpretazione mirabile in cui contano più i silenzi che le parole.