RazzaBastarda è il secondo lungometraggio diretto da Alessandro Gassmann, in verità il primo film narrativo poiché Di padre in figlio (1982) aveva più il tono di un documentario che non di un’opera di fantasia. Anche in questo caso i precedenti sono lontani e portano al testo teatrale Cuba and His Teddy Bear (Cuba e il suo orsacchiotto, 1986) del drammaturgo statunitense d’origini latinoamericane Reinaldo Povod (1960 - 1994), un testo che aveva colto un grande successo nell’interpretazione di Robert De Niro per la regia di Bill Hart con Burt Young e Ralph Macchio come coprotagonisti.
Da quel copione è derivata la versione italiana, ribattezzata Roman e il suo cucciolo, riadattata e tradotta da Edoardo Erba. La principale e felice modifica riguarda lo sposamento del mondo in cui si svolge la tragedia, da quello degli esuli latinoamericani, all’universo miserabile dell’immigrazione rumena in Italia. Roman è uno spacciatore arrivato da noi con la madre una trentina d’anni orsono. La sua ossessione è di trasformare il figlio Nicu in un italiano benestante, accettato da tutti, inserito in una professione onorevole. Assieme al socio in affari Geco, tossicomane, persegue quest’obiettivo campando malamente in una roulotte parcheggiata in uno spazio degno di uno sfasciacarrozze. Sono premure che il ragazzo non apprezza, tanto da nascondere alla fidanzata le sue origini etniche. Le cose precipitano quando il giovane tradisce il padre sottraendogli una grossa partita di cocaina e mettendolo definitivamente nei guai. Il film è pregevole nella struttura narrativa e nella forma, con un tono virato che si avvicina al bianco e nero fortemente contrastato, purtroppo malamente tradito da alcuni inserti cromaticamente più accesi. Ciò che emerge sono sia la capacità registica dell’attore sia la sua grande forza espressiva nel dare al personaggio toni che rasentano l’eccesso senza mai debordarvi. Un film molto interessante e, per molti versi, magistrale.