La città ideale è l’opera prima dell’attore Luigi Lo Cascio. Il film racconta di Michele Grassadonia, ecologista sensibile e integralista, coinvolto in una storia di malagiustizia. E’ un architetto palermitano andato a vivere a Siena che considera la città ideale.
Inviso ai colleghi, se ne sta da solo in un appartamento spartano, dove sperimenta energie alternative. L’unica volta che accetta di guidare l’auto di un amico, incappa in un drammatico fatto di cronaca: è accusato ingiustamente di avere travolto e ucciso un maggiorente della città. I guai aumentano quando, contro il parere del suo avvocato, accetta di raccontare, sinceramente e ingenuamente, la sua versione dei fatti. Prede il lavoro, finisce a vivere in una cantina, è scartato da tutti gli ex –amici. Uscirà – forse – dai guai solo grazie alle manovre di un legale siciliano, maneggione esperto nella tecnica di difendere i mafiosi. I temi dell’estremismo ambientalista e della cecità sostanziale della giustizia non sono argomenti da poco e al regista va riconosciuto il merito di averli affrontati di petto. Peccato che il linguaggio utilizzato, in particolare nei numerosi sogni e incubi, scivoli sul versante delle peggiori scelte espressive e non contenga neppure un briciolo di autentica originalità. Come dire che l’attore e regista mostra di avere grandi e ottime intenzioni, ma non disponga ancora degli strumenti linguistici necessari a trasformarle in un’opera veramente originale e interessante. In poche parole è un testo generoso raccontato in un modo non all’altezza della complessità dei temi affrontati.