Gli Hughes Brothers, dopo titoli di buon successo diretti a quattro mani tra i quali Codice: Genesi (The Book of Eli, 2010), scindono la coppia ed Allen si cimenta, in Broken City (Citta spezzata) in un poliziesco vecchia maniera, ricco di varie sottotrame che alla fine possono stancare ma che allo stesso tempo costringono lo spettatore ad una completa attenzione. A interpretarlo e produrlo Mark Wahlberg, sempre più attento a costruirsi un percorso da divo con titoli quali The Fighter (Il combattente, 2010), Contraband (Contrabbando, 2012) e Ted (2012), che qui interpreta un ex poliziotto di New York che ha sbagliato e che per questo ora è costretto a lavorare come detective privato su tradimenti coniugali.
E’ un uomo che ha pagato per i suoi errori, vive con una bella attrice portoricana emergente a cui è stato vicino quando le fu uccisa la sorella, ha smesso da sette anni di bere e di drogarsi. A lui si contrappongono tutti gli altri, persone che hanno collusioni tra loro, doppiogiochisti per mestiere e, alle volte, solo per necessità. L’unica persona di cui si può fidare è la bella segretaria, segretamente innamorata di lui e che diviene detective lei stessa per aiutarlo. Dicevamo dei colpi di scena, fin troppi e non sempre supportati da una sceneggiatura a tratti debole. Con vari sottofinali si giunge a mettere in discussione tutto e tutti, a non avere più certezze se non che quello a cui assistiamo in quel momento non è il finale vero. Siamo a pochi giorni dalle elezioni. Il detective viene assunto dal Sindaco per raccogliere prove sull’infedeltà della moglie. La segue e scopre che si incontra col capo della campagna dell’avversario politico, scatta foto, si convince lui stesso dell’infedeltà della donna. Consegnate le prove ed incassato quanto dovutogli, incominciano per lui varie disavventure, imboscate, probabili tentativi di ucciderlo. Da qui, la scoperta del marcio che c’è dietro a questa situazione e, seppure ricattato con un video che lo porterà sicuramente in carcere, decide di smascherare i cattivi. Il film manca di una sceneggiatura in grado di reggere una storia così composita ma può contare su un cast di attori molto validi. Russell Crowe fornisce caratteristiche epidermicamente perfette al suo Sindaco corrotto senza cercare di trovare idee originali ma crea un’immediata identificazione col cattivo. La moglie Catherine Zeta-Jones è in ombra per la prima parte della storia per poi divenirne in pratica la protagonista: una interpretazione di maniera ma funzionale. Il film, considerato il periodo che stiamo vivendo, innesca un certo disagio poiché i giochi politici, gli interessi privati e altre dubbie situazioni sembrano fin troppo simili a quanto sta capitando da noi.
