Non era cosa facile dare nuova vita alla più lunga serie della storia del cinema: il primo episodio è Agente 007, licenza di uccidere (Dr No, 1962) a cui hanno fatto seguito altri ventidue titoli,. Il geniale regista teatrale e cinematografico inglese Sam Mendes per confezionare Skyfall ha scelto una strada non semplice: quella di mantenere una tradizione roboante immergendola in un’aurea melanconica e crepuscolare. Ci sono le sparatorie, gli inseguimenti mozzafiato – pregevole quello sui tetti del Gran Bazar di Istanbul – i feroci corpo a corpo, le donne bellissime, i paesaggi da sogno, ma tutto è immerso in un’atmosfera decadente, segnata da invecchiamento, morte e, soprattutto, fine di un mondo.
Tradendo, nella sostanza, lo spirito retorico e iper - patriottico che segna le pagine di Ian Fleming (1908 – 1964), creatore di 007, il regista costruisce storia e personaggi sul registro sia di un naturale invecchiamento, sia sui cambiamenti politici che hanno marcato la fine del secolo scorso. Scartando la facile continuità fra comunisti di ieri e terroristi di oggi, cineasta e sceneggiatori individuano il nemico – interpretato da uno straordinario Javier Bardem - all’interno dello stesso apparato spionistico, quasi una metastasi in un corpo devastato da un tumore. Rientrano nella stessa logica l’invecchiamento e morte della responsabile dell’MI6, una Judi Dench perfetta come il solito, e il fisico devastato dallo scorrere del tempo di Daniel Craig, l’agente con licenza di uccidere più problematico e shakespeariano dell’intera serie. Tutto questo è inserito nei canoni imposti dal solito prodotto iper – spettacolare hollywoodiano, ma non ne è soffocato, mantenendo inalterate forza e originalità. La storia raccontata può essere riassunta in poche righe: un ex – agente segreto che M ( m come madre) ha scarificato ai cinesi, che lo hanno imprigionato e torturato, riemerge dal passato assetato di vendetta, una vendetta che assumerà i toni di un matricidio. Il film si chiude con la prospettiva di nuove avventure, ma questo è un obbligo commerciale che ha ben poco a che fare con il carattere profondo del film.