Jacques Audiard (1952) è un regista francese attento ai problemi e ai drammi individuali. Siano i due balordi del suo film d’esordio - Regarde les hommes tomber (Guarda gli uomini cadere, 1994) - la sordastra e l’ex galeotto di Sulle mie labbra (Sur mes levrès, 2001), il piccolo delinquente appassionato di musica e l’insegnante cinese che non parla francese di Tutti i battiti del mio cuore (De battre mon coeur s'est arreté – Il mio cuore ha smesso di battere, 2005) o il diciannovenne d’origine magrebina che entra in carcere senza nulla e, in prigione, diventa un potente boss della delinquenza organizzata de Il profeta (Un Prophète, 2010). Anche i protagonisti di Un sapore di ruggine e ossa (De rouille et d'os – Ruggine e ossa) sono due marginali. Alì è un poveraccio che campa malamente e che, di colpo, si trova a dover accudire a un figlio di cinque anni, Stephanie è una donna libera, indipendente e trasgressiva, la cui vita precipita quando un’orca, che lei guida in uno spettacolo in un parco acquatico, le trancia entrambe le gambe.
L’uomo parte dal nord della Francia e approda in casa della sorella ad Antibes, sulla Costa Azzurra. Qui incontra l’ex – domatrice, ora costretta in carrozzella, e stabilisce con lei un rapporto che progressivamente diventa amore. L’inizio è quesii mercenario: lui passa da una compagna occasionale a un’altra, lei gli confessa di non sapere se è ancora capace fare sesso, al che l’uomo si offre di scoparla per verificare se è ancora in grado di provare piacere. E’ un rapporto quasi mercenario – non a caso lei non vuole essere baciata sulla bocca – ma che, lentamente, trasforma queste due solitudini in un vero rapporto di coppia. Il film è tratto da una serie di racconti del canadese Craig Davidson, in particolare da Rust and Bone (Ruggine e ossa, 2005) e mostra una particolare attenzione alla costruzione dei personaggi, che sono dolorosi e credibili. Vi sono alcuni punti non proprio condivisibili, come l’incidente in cui il figlioletto rischia di morire assiderato o il finale troppo sbrigativamente ottimista, ma nel complesso è un’opera forte e interessante.