Marco Lodoli (1956) è un esperto di problemi e vita della scuola. Insegnante, scrittore, giornalista a lui si devono saggi e interventi particolarmente vivaci e puntuali su questo e altri temi socialmente rilevanti. Giuseppe Piccioni ha tratto Il rosso e il blu da un suo libro del 2009 (Il rosso e il blu, cuori ed errori nella scuola italiana), un'opera densa di riflessioni umane.
Lo scenario è un anno scolastico in un liceo della periferia romana, qui un giovane supplente arriva per insegnare italiano in una classe svogliata, ribelle, indifferente a tutto o quasi tutto. Tre sono i personaggi su cui ruota il film: una preside spenta, ma fermamente tesa ad adempire con coscienza e responsabilità al suo ruolo, un professore di storia dell’arte disgustato da tanti anni di lavoro inutile (a suo dire) sin a portarlo a violare ogni regola – dal fumare in classe al coricarsi sul bancone della sala professori – e meditare il suicidio e il giovane supplente pieno d’entusiasmo per la missione che gli è stata affidata. Sono tre cavalieri solitari in un mondo in disfacimento, denso di giovani privi di qualsiasi interesse e speranza, affiancati da colleghi annegati nella routine o incapaci di svolgere il loro lavoro. Un universo sopravvissuto a fatica dopo una vera mutazione genetica ove persino la conquista delle seggiole per gli alunni diventa un vero e proprio scontro fisico. Come dire è qualche che cosa di simile al paesaggio che resta dopo un’invasione barbarica. C'erano tutte le premesse per il quadro di un naufragio collettivo o per metterla in farsa cinepanettonesca, invece il regista, riesce anche se con un lieve eccesso d’ottimismo, a recuperare ogni personaggio e portare a termine una storia che è sia un insieme di molte vicende individuali, sia un ritratto criticamente lucido di una fra le maggiori istituzioni sociali del paese.