Le paludi della morte (Texas Killing Fields) è il titolo del secondo lungometraggio dell’americana Ami Canaan Mann che ha già alle spalle una corposa carriera di autrice televisiva, oltre ad essere figlia di Michael Mann che coproduce il film ed è uno dei maggiori registi del cinema hollywoodiano contemporaneo. Lo spunto è nato da una serie di fatti di cronaca risalenti ad alcuni anni or sono quando, nella zona paludosa che fiancheggia l’interstatale 45 nei pressi di Texas City, a una trentina di minuti d’auto a sud di Houston, si scoprono ì resti di una cinquantina di donne che erano state vittime di aggressioni sessuali. E’ in quest’atmosfera, cupa e violenta, che si muovono due detective della cittadina texana, uno dei quali proveniente dalla polizia di New York e oppresso dal ricordo di un’operazione finita male e costata la vita alla sequestrata.
I due ci si mettono di buzzo buono per rintracciare un assassino seriale di donne e bambine, anche se il poliziotto locale, anche lui uscito da una burrascosa storia con una collega, tende più a limitare l’azione al raggio della circoscrizione, piuttosto che seguire il filo delle indagini, anche a costo di invadere campi altrui. Come abbastanza prevedibile, alla fine il colpevole pagherà il fio dei suoi misfatti, pur lasciandosi dietro ferite, morali e materiali, che impiegheranno tempo a rimarginarsi. Il film è lontano dall’essere una pietra miliare del cinema, anche di quello di genere, ma conferma la capacità narrativa e la professionalità di cui dispongono i cineasti americani. Vale a dire si segue dal primo all’ultimo fotogramma senza guardare l’orologio neppure una volta. Scusate se è poco!