Hunger (Fame) è opera prima dell’inglese Steve McQeen, un pittore che qui esordisce dietro la macchina da presa firmando un film robusto anche se non privo di punti discutibili. E’ la cronaca della morte, causa sciopero della fame, di Bobby Sand, rivoluzionario dell’IRA, eletto al parlamento mentre era in galera e spentosi fra atroci sofferenze il 5 maggio 1981, alla fine di un calvario durato ben 66 giorni. Dopo di lui altri nove militanti subiranno la stessa sorte prima che il governo britannico acconsenta a buona parte delle richieste dei detenuti.
Non sarà lo status di prigionieri politici, ma marcherà un passo importante e decisivo in merito a un trattamento più umano. La prima parte del film non si discosta da un qualsiasi racconto carcerario, con tanto di guardiani aguzzini, pestaggi e soprusi vari. La seconda metà del film segue, quasi si trattasse di un saggio medico, la lenta agonia del rivoluzionario, mostrandocene le sofferenze in dettaglio. Le maggiori perplessità riguardano la scelta del regista di cancellare qualsiasi analisi politica diretta, affidando ogni spiegazione ad un lungo, statico confronto fra il detenuto e un prete, dialogo in cui sono dibattuti temi che meriterebbe ben più ampia attenzione quali la scelta fra violenza e trattativa, suicidio e fede. In poche parole un film serio, ma non del tutto convincente. Come dire che siamo sulla strada, ma ancora lontani di un’opera come Shame (2013)
