Ci sono film - quadri, musiche, libri - il cui valore politico e / o sociale supera e s’impone a qualsiasi valutazione linguistica o stilistica. Diaz – Non pulire questo sangue di Daniele Vicari è uno di questi. Il regista ricostruisce, sulla base di verbali e risultanze processuali, la terribile notte del 30 luglio 2001 quando, a Genova, circa 300 poliziotti fecero irruzione nella scuola Diaz ove stavano dormendo decine di persone, soprattutto giovani, picchiando indiscriminatamente anziani e donne, alternativi e gente comune capitata lì per caso. Fu, come dichiarò un funzionario di polizia, una vera macelleria messicana. Il G8 era finito da poche ore e la maggior parte dei manifestanti, che avevano animato le dimostrazioni contro il summit dei grandi, si preparava a tornare a casa. Il giorno prima un carabiniere aveva ucciso un ragazzo, Carlo Giuliani, che stava lanciando un estintore conto la macchina in cui era seduto. Il clima da entrambe le parti era rovente, ma furono i vertici della polizia a volere la mattanza, anche a costo di costruire prove false, e fornire versioni di comodo.
Il film segue diligentemente queste ore e il successivo calvario degli arrestati nella caserma di Bolzaneto. E’ una cronaca limpida, basata su documenti ufficiali che si guadagna sin dalle prime immagini, la devastazione di una banca da parte di un gruppo di anarchici, il diritto a indignarsi per il comportamento di uomini della legge privi del minimo senso di democrazia. Ne risulta un film forte, non sempre stilisticamente impeccabile, poiché la sola, lunga sequenza dell’irruzione nella scuola - dormitorio, merita attenzione critica, ma indispensabile a rintuzzare la voglia di oblio che sembra percorrere buona parte dell’opinione pubblica.