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J. Edgar J. Edgar Hot

J. Edgar

Cast, Crew, Infos - Cinema

Titolo originale
J. Edgar
Sceneggiatura
Dustin Lance Black
Interpreti
Leonardo Di Caprio, Naomi Watts, Armie Hammer, Judi Dench, Josh Hamilton, Geoff Pierson, Ken Howard, Dermot Mulroney, Josh Lucas, Cheryl Lawson, Kaitlyn Dever, Gunner Wright, David A. Cooper, Ed Westwick, Kelly Lester, Jack Donner, Dylan Burns, Jordan Bridges, Brady Matthews, Jack Axelrod.
Nazionalità
Anno
Durata
137

John Edgar Hoover (1895 – 1972) è stato l’inventore della versione moderna del Federal Bureau of Investigation (FBI, Ufficio Federale di Investigazione) che ha diretto per ben quarantotto anni (1924-1972), sotto otto presidenti, da Calvin Coolidge a Richard Nixon. Uomo introverso e solitario, di sospettata omosessualità – il suo vice Clyde Tolson (1900 – 1975) è stato indicato da molti come il suo amante per una vita – ossessionato da comunisti, gente di colore, radicali, anarchici che fece oggetto di persecuzioni spesso oltre i limiti della legge, aggressioni, spionaggio. Il suo rapporto con i presidenti sotto i quali prestò servizio – formalmente l’FBI è un’agenzia del Ministero della Giustizia – sono stati quantomeno ambigui.

E’ noto che durante la vita raccolse un gran numero di dossier riservati e personali che scomparvero poche ore dopo la sua morte. Erano fascicoli intestati a illustri personaggi del mondo culturale – Charlie Chaplin, Orson Welles, John Lennon – e politico, compresi tutti i presidenti che avrebbe dovuto servire e che, invece, finì col sottoporre a veri e propri ricatti per conservare la poltrona o ottenere nuovi finanziamenti. Fra questi documenti sporchi vanno ricordate le molte cartelle riservate dalle tendenze sessuali dei politici, dalle preferenze saffiche della first lady Eleanor Roosevelt (1884 – 1962), alle amanti del presidente John Fitzgerald Kennedy (1917 – 1963), Marilyn Monroe (1926 – 1962) in testa. Clint Eastwood ha affrontato questo discusso e discutibile personaggio in J. Edgar compiendo una sorta di percorso all’inverso. Il film si apre con un Hoover già vecchio, morirà da lì a poco, che detta una sorta di autobiografia tesa a magnificarne le gesta, spesso falsificando senza scrupoli l’evidenza dei fatti. E’ il pretesto per un percorso a ritroso in cui rivivono alcuni momenti salienti della sua carriera: la caccia ad anarchici e comunisti, il caso del rapimento e uccisione del figlioletto del trasvolatore Charles Lindbergh (1902 – 1974), i rapporti ambigui con il mondo del crimine organizzato. Ogni tanto andava a passare qualche giorno di vacanza, da solo o con il fedele Clyde, in una stazione alla moda partecipando attivamente alle scommesse sulle corse dei cavalli, ma senza pagare un dollaro d’albergo, incassando e vincite, ma non saldando le scommesse perse. E’ il ritratto di un uomo di potere maniaco, chiuso in se stesso, vittima di una madre autoritaria che, al solo accenno alle sue preferenze, gli dice vorrebbe non averlo mai partorito piuttosto che saperlo omosessuale. Il film è molto ben costruito e riesce a ricreare, almeno in parte, sia l’uomo sia i tempi in cui ha vissuto. Il regista prosegue, con accentuata disillusione, il discorso che segna quasi tutta la sua filmografia, quello sull’uomo solitario. Un tempo questa figura si stagliava potente sullo sfondo di uno scenario ostile che doveva fronteggiare, oggi – quantomeno da Million Dollar Baby (2004) e Gran Torino (2008) – segue un percorso sul viale del tramonto e si nutre di uno sguardo critico sul mondo e sull’umanità. Un approccio che merita attenzione e grande rispetto.

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