L’emigrazione turca nella Repubblica Federale Tedesca è stata massiccia e ha creato zone delle grandi città, vedi Kreuzberg a Berlino, ove sembra quasi di essere in un’Istanbul trapiantata in terra teutonica. Il fenomeno ebbe massimo sviluppo negli anni sessanta, quando le necessità di mano d’opera attenta e produttiva nell’industria e nell’edilizia, in quegli anni in pieno sviluppo, costrinsero gli imprenditori, dopo aver esaurito le riserve di braccia di Spagna e Italia, a ricercare in Turchia nuovi gastarbeiter (letteralmente lavoratore ospite).
Hüseyin Yilmaz è uno di questi e faticherà per ben quarantacinque anni prima di ottenere, con la moglie, la cittadinanza tedesca. Nel frattempo ha mantenuto moglie e figli, comprato un appartamento e ottenuto un certo livello di benessere. Ora, proprio nel pieno della riunione famigliare in cui si festeggia la concessione della cittadinanza, annuncia di aver comprato una casa nel villaggio natio e organizzato un viaggio collettivo per prenderne possesso e iniziare a rimetterla in sesto. Inizia in questo modo, fra imbarazzi ed entusiasmi, un itinerario attraverso la Turchia - la casa è in Anatolia, nell’est del paese - di cui, purtroppo, il patriarca non vedrà la fine, stroncato da un infarto a mezza strada. Un percorso che consente a una delle nipoti di raccontare al nipotino più giovane la storia della famiglia, quasi fosse una favola. Yasemin Şamdereli - trentaseienne tedesca di Dortmund ma nata in una famiglia d’origine turca - ha scritto con la sorella Nesrin Almanya - La mia famiglia va in Germania (Almanya - Willkommen in Deutschland, letteralmente: Almanya – Benvenuti in Germania). Il film affronta un fenomeno sociale di grandi dimensioni, sono oltre un milione e settecentomila i turchi che oggi vivono in Germania, senza celare né i reciproci conflitti culturali, né le difficoltà e l’emarginazione inflitti soprattutto nei primi anni d’emigrazione. Ne nasce un testo dolce e amaro a un tempo, non privo di una carta retorica patriottarda: la festa con la cancelliera Angela Merkel (1954) cui partecipa il nipotino al posto del nonno morto da poco, oppure, sul versante opposto, la decisione di uno dei figli di restare in Turchia per ricostruire la casa familiare. Nonostante queste piccole slabbrature il film si segue con piacere e commozione.