La trentaduenne francese Céline Sciamma ha un particolare interesse per l’analisi delle origini delle pulsioni erotiche. Nel suo primo film, Naissance des pieuvres (Nascita delle piovre, 2007), scandagliava le tensioni sessuali di tre ragazze attraversate dalle prime voglie – etero e omo – sullo sfondo della frequentazione di una piscina. Con Tomboy (Maschiaccio), arretra il discorso alla preadolescenza con la storia di una ragazzina di dieci anni che, trasferitasi con la famiglia in un nuovo quartiere, si lascia credere maschio arrivando a fare innamorare una coetanea.
Il film è lineare, per nulla morboso, disteso su una giusta misura che esclude lungaggini e passaggi immotivati. Un particolare merito gli viene dall’interpretazione di Zoé Héran che dà a Laure/Mickäel la giusta dose di ambiguità e ingenuità. Il film tratteggia con sensibilità una fase in cui l’oggetto del desiderio è tutt’altro che definito in modo netto e oscilla fra il proprio sesso e quello opposto. Molto interessanti anche le note sugli stereotipi che segnano i ruoli maschili e femminili, come la bravura nel calcio che conferma la mascolinità della piccola protagonista, al punto che, quando si scopre il suo vero genere, un ragazzino esclama: ma se giocava così bene a foot ball! E’ un piccolo film, ma denso di senso e veicolo di riflessioni tutt’altro che banali.