Pedro Almodóvar ha tratto liberamente La pelle che abito (La piel que habito) dal romanzo Mygale (Tarantola, 1984) dello scrittore francese Thierry Jonquete (1954 - 2009) e l’ha fatto sfruttandone e forzandone gli elementi melodrammatici. La cosa non sorprende quando si tenga conto sia delle caratteristiche tipiche di quest’autore, sia del fatto che l’opera di partenza appartiene a quella Série Noire che ospita testi destinati a diventare libri di culto, un po’ com’è accaduto ai nostri Gialli Mondadori.
Come si richiede a qualsiasi proposta a forte tendenza melò il racconto è notevolmente ingarbugliato e denso di colpi di scena. Mettendo questa trama in una prospettiva lineare ed eliminando i numerosi salti temporali proposti dal regista, possiamo dire che si tratta della drammatica avventura di un importante chirurgo estetico che, dopo il grave incidente d’auto che ha visto bruciare viva la moglie – che lo tradiva con un suo fratellastro – sequestra il giovinastro che ha violentato sua figlia, peraltro affetta da pesanti turbe psichiche, e lo trasforma in donna. Di lui finisce coll’innamorarsi, dopo averlo/a sottoposto/a alla sperimentazione una nuova pelle, resistentissima, che ha scoperto in segreto. Il finale sarà tragico, con la nuova creatura che uccide il suo creatore e ammazza anche la governate di casa che, in realtà, è la madre del medico. La storia è complessa e piena di svolte improvvise, totalmente improbabile. Sono proprio queste caratteristiche che, una volta filtrate dallo sguardo e dalla lucidità narrativa del cineasta, rimpolpano il fascino del film e ne fanno un’opera intensa che affascina e fa dimenticare le improbabilità di cui si nutre. Un po’ come nell’opera lirica, in cui tutti accettano che si sussurrino frasi d’amore cantandole a squarciagola, anche in questo caso è la convenzione a farla da padrona e la magia del regista a rendere incredibilmente vero anche ciò che non è tale. Affrontato da questa prospettiva, il film diventa uno dei punti più alti nella filmografia del regista spagnolo. E’ un testo che affascina e cattura anche i meno disposti a farsi ammaliare dal piacere del racconto, indipendentemente dal tasso di realismo che lo percorre.