Non è la prima volta che il cinema mette in farsa gesta criminali. Basti pensare, solo per far due esempi estremi, a I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli e a La signora omicidi (The Ladykillers, 1955) di Alexander MacKendrick. Il motivo d’interesse per un film come Le regole della truffa, del californiano Rob Minkoff, non è rintracciabile nella scelta dell’argomento e del taglio da darvi, quanto nell’utilizzo di un gruppo di attori quanto mai funzionali al complesso del film.
Due bande, un’ipertecnologica e una scalcinatissima, si ritrovano nel salone di una banca che entrambe vogliono rapinare. Allo sportello dello stesso istituto di credito c’è anche un tipo a dir poco strano, venuto a farsi cambiare 100 dollari in monetine. Dipendenti, cliente e guardia giurata diventano così gli ostaggi dei due gruppi di rapinatori. Naturalmente da inciampo in inciampo i banditi si riveleranno tutt’altro che esperti nel lavoro criminale e la stessa coincidenza delle loro presenze si scoprirà tutt’altro che casuale, così come il finale cadenzato da un minicolpo di scena. E’ una storiella improbabile ma densa di trovate e trovatine affidate a un gruppo d’interpreti (Patrick Dempsey, Ashley Judd, Jeffrey Tambor, Tim Blake Nelson) di grande professionalità ed efficacia. E’ il classico film medio hollywoodiano che non eccelle in originalità, ma presenta un tasso di professionalità rimarchevole.