Il cinema americano ha utilizzato spesso gli alieni per opere che potremo sommariamente dividere in due categorie: quelle in cui gli extraterrestri assumono aspetti positivi e quelle in cui sono visti come veicoli di pericoli e nefandezze. Solo per fare i primi esempi che vengono alla mente, potremo ricordare, per la prima categoria L'invasione degli Ultracorpi (Invasion of the Body Snatchers, 1956), che Don Siegel ha tratto dall'omonimo romanzo di fantascienza di Jack Finney edito l’anno precedente, e Incontri ravvicinati del terzo tipo (Close Encounters of the Third Kind, 1977) di Steven Spielberg.
Super 8 di J.J. Abrams pencola verso il secondo modella – non a caso lo ha prodotto Steven Spielberg – con in più una denuncia senza appello alle malefatte dei militari. In questo, anzi, si potrebbe vedere un segno del crescente disagio di molti americani verso l’apparato che più ha beneficiato delle recenti imprese irakene e afghane. Siamo nel 1979, nella provincia americana, qui un gruppo di ragazzini si è messo in testa di girare un filmino horror con cui partecipare a un concorso riservato alle opere non professionali. Proprio mente si sta realizzando, in una stazione ferroviaria abbandonata, una scena particolarmente importante, uno degli insegnanti dei giovani si lancia con l’auto contro un treno militare in transito facendolo deragliare. Dalle lamiere contorte esce un essere mostruoso e fortissimo che risulterà essere uno dei marziani imprigionati dall’esercito in una località segreta sin dalla fine degli anni quaranta. Dopo non pochi sconquassi e un numero non minore di ammazzamenti, sarà proprio uno dei cineasti in erba a riuscire a comunicare con il mostro venuto dallo spazio convincendolo a riprendere la via di casa. E’ un film pacifista molto ben costruito, teso nello sviluppo narrativo, anche se non vi mancano i passaggi prevedibili e i personaggi dall’evoluzione psicologica scontata.