Robert Redford, oltre a essere un noto attore e fondatore del Sundance Film Festival, è anche un bravo regista. Ha firmato otto titoli, tutti professionalmente solidi e percorsi da un forte spirito democratico e antimilitarista. In questo senso The Conspirator (La congiurata) costituisce la punta più alta del suo impegno. Il film racconta il processo cui fu sottoposta, da parte di un tribunale militare, Mary Surratt accusata, con altri tre coimputati, di aver partecipato alla congiura che portò all’assassinio, il Venerdì Santo del 1865 (14 aprile), di Abraham Lincoln (1809 –1865), sedicesimo presidente degli Stati Uniti e primo del Partito Repubblicano.
Autore materiale dell’attentato, avvenuto nel Ford's Theatre, a Washington durante una replica della commedia musicale Our American Cousin dello scrittore britannico Tom Taylor (1817-1880), era stato John Wilkes Booth (1838 – 1865), un attore teatrale di successo originario della Virginia. L’omicidio diede il via a una vera e propria caccia alle streghe che travolse i più elementari diritti dei cittadini. L’imputata, destinata a essere la prima donna giustiziata negli Stati Uniti, era la proprietaria della pensione in cui erano ospitati alcuni dei congiurati ed era la madre di uno dei supporti cospiratori, Quest’ultimo, una volta consegnatosi alle autorità e imputato in un processo normale, sarà assolto. Il regista affianca questa tragedia al clima d’isteria succeduto all’attentato newyorkese alle Torri Gemelle (11 settembre 2001). La soppressione dei più elementari diritti della difesa, in nome di una supposta sicurezza nazionale, la violazione di quelli degli imputati, tutto questo unisce le due situazioni in un quadro segnato da cupi intenti dittatoriali. Del resto la stessa figura del presidente ucciso, lungi dall’essere letta come quella del liberatore degli schiavi, è vista in modo assai arduo, soprattutto attraverso le figure di membri del suo gabinetto che gli sopravvivono. In questo aleggia una posizione anticonvenzionale sull’intera Guerra di Secessione (1861 – 1865) combattuta fra gli Stati Uniti d'America e quelli Confederati (CSA). Come già hanno documentato numerosi storici non si trattò per niente di uno scontro basato su ideali, bensì su precisi interessi: con il Sud agricolo che aveva un bisogno vitale di mano d’opera legata ai proprietari terrieri e il nord industriale cui serviva un mercato aperto di operai facilmente intercambiabili. Il film si muove su questa traccia usando il processo, nel rito anglosassone, come palcoscenico di un conflitto morale. Nel farlo cede un po’ alle tecniche televisive, ma coglie alcuni obiettivi politici tutt’altro che banali.