Lo scorso anno, quando Uomini senza legge (Hors-la-loi) fu presentato al Festival di Cannes, ci fu grande schieramento di polizia, moltiplicazione dei controlli, manifestazione davanti al municipio, impazzare di troupe televisive e microfoni. Tutto questo perché Rachid Bouchareb, regista francese d'origine algerina, aveva aperto il doloroso capitolo della lotta, in Francia, degli uomini del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) durante la guerra per l'indipendenza del paese nordafricano (1954-1962).
Il tutto attraverso la storia di tre fratelli che, sul territorio metropolitano, imboccano strade diverse. Massaoud partecipa alla guerra d'Indocina, da cui è congedato con onore per le ferite riportate in combattimento, tuttavia, quando ritorna a casa, scopre che la sola via per una vita degna è quella della lotta armata per l'indipendenza, il che lo porterà a diventare uno degli esecutori del FNL. Abdelkader partecipa ai moti per l'indipendenza, è testimone del massacro di Sérif (Algeria, 8 maggio 1945) in cui polizia ed esercito uccisero decine di algerini esacerbando l'umore di una folla che, a sua volta, ammazzò non pochi pied-noir (francesi residenti nella colonia). Arrestato e condannato, uscirà alcuni anni dopo e diventerà uno dei capi della lotta armata in Francia. Il terzo fratello, Saïd, sceglie invece la via degli affari sul filo della legge prostituzione, criminalità dei locali notturni e persegue il sogno, lui che è menomato a un braccio, di diventare il manager del campione di Francia di pugilato. Tre storie diverse che confluiscono nel terrorismo e nei suoi orrori. Certo, si può capire l'indignazione dei ben pensanti, dei teorici della destra, dei reduci e, più, in generale, dei fanatici razzisti: nel film le forze dell'ordine francesi non ci fanno davvero una bella figura, creano gruppi di assassini non sottoposti ad alcun controllo (La Mano Rossa), torturano, distruggono le case, già miserabili, degli algerini, picchiano e ricattano. Del resto, come non ricordare che La battaglia di Algeri (1966) di Gillo Pontecorvo (1919 - 2006) è stato bandito sino a non molti anni or sono dagli schermi francesi? Detto questo per chiarezza d'inquadramento, non bisogna tacere che il film si presenta molto modesto, più che un affresco di un grande movimento d'indipendenza sembra quasi di assistere a un western che segue la struttura classica dei fratelli che prendono strade diverse per poi ritrovarsi nella sparatoria finale. Indubbiamente il regista ha voluto mettere assieme un tema politicamente importante e una narrazione molto popolare, come aveva fatto con Indigènes (2006), la vicenda dei magrebini ingaggiati come carne da macello nell'esercito francese e messi da parte subito dopo la vittoria sui nazisti. Se questo è vero, allora occorre anche distinguere fra valore politico dell'opera e sua consistenza artistica: il primo è molto alto, la seconda piuttosto modesta.