Con Machete, di Robert Rodriguez ed Ethan Maniquiris, siamo al fumetto grandguignolesco. Al centro c’è un ex poliziotto messicano, il brutto e massiccio Danny Trejo sinora utilizzato prevalentemente nel ruolo di crudele assassino, che dopo essere stato quasi ammazzato da un feroce narcotrafficante che gli ha ucciso moglie e figlia, si vendica mettendosi alla testa di un esercito d’immigrati negli Stati Uniti, più o meno legali, riuscendo a fare giustizia di un senatore texano razzista e corrotto cui da vita uno scialbo Robert De Niro.
Si è parlato di fumetto, ma la definizione è anche troppo generosa per un'opera che fa rimpiangere persino il pasticciato Dal tramonto all'alba (From Dusk Till Dawn, 1996) firmato dallo stesso Robert Rodriguez. Il che alimenta il sospetto che l'esordio di questo regista - El Mariachi, suonatore di chitarra (El Mariachi, 1992) - sia stato solo un clamoroso colpo di fortuna. C’è, poi, da notare come questo tipo di cinema utilizzi la violenza a piene mani – qui c’è persino un braccio che continua a premere il grilletto una volta staccato dal corpo – al fine di demistificarla ampliandola sino all’inverosimile e irridendola. In realtà questo meccanismo finisce per proporla al pubblico come ingrediente del tutto innocuo, laddove si tratta di un elemento pericolosissimo e particolarmente accattivante. Si è obiettato che questo cinema ha salde radici racconto popolare, ma si trascura la ben maggiore suggestione raggiunta dalle immagini in movimento nel confronto con quelle statiche e/o cartacee.