Angèle et Tony (Angèle e Tony) è il primo lungometraggio della francese Alix Delaporte, già affermata sceneggiatrice televisiva e autrice di alcuni cortometraggi uno dei quali, Comment on freine dans una descente? (Come si frena in discesa?) ha ottenuto il Leone d’oro per questo tipo di film alla Mostra di Venezia del 2006. Angèle è una giovane donna in profonda crisi materiale ed esistenziale, è uscita da poco dalla prigione, dove ha scontato una condanna inflittale perché responsabile di un incidente in cui è morto suo marito. Ha un figlio che le è stato sottratto dalla legge e affidato ai nonni. Per tentare di recuperarne l’affidamento ha bisogno di trovare un lavoro e un uomo che la sposi e, poiché a questo punto della sua vita, riesce a comunicare quasi elusivamente attraverso il sesso, non esita a offrirsi ai maschi che potrebbero corrispondere al suo desiderio.
Un giorno incontra Tony, un pescatore abituato alla dura vita del mare, il film è ambientato in una bassa Normandia stupendamente fotografata da Claire Mathon, che rifiuta le sue offerte sessuali, ma le propone di andare a vivere con lui. Inizia in questo modo un complesso menage - l’uomo vive con la madre che gestisce un banco di pesce e il fratello - alla fine del quale la giovane scoprirà nuovamente l’amore e Tony troverà lenimento alla solitudine. E’ un piccolo film dalla durata esatta, un’ottantina di minuti, in cui l’analisi e lo scandaglio delle psicologie fa premio sugli eventi. Una storia quasi banale ma ricca di notazioni e riferimenti sociali - le lotte dei pescatori contro le prescrizioni europee - che licenzia un racconto umanissimo e denso di osservazioni a tutto campo. Unico dato non del tutto positivo è la bellezza di Clotilde Hesme, troppo levigata e perfetta per plasmarsi perfettamente su un personaggio alla deriva.