Gianni De Gregorio (1949) è un curioso cineasta. Ha iniziato come sceneggiatore (Sembra morto… ma è solo svenuto, 1986 di Felice Farina, Giovanni senza pensieri, 1986 di Marco Colli) e responsabile dell’organizzazione e del casting. Solo nel 2008 è riuscito a passare dietro la macchina da presa, grazie all’amico Matteo Garrone (nato nel 1968 e regista di film come L'imbalsamatore, 2002 e Gomorra, 2008), dirigendo Pranzo di Ferragosto un film a basso costo, interpretato da un gruppo di ottantenni che ottenne un grande successo di pubblico e di critica. Gianni e le donne muove sulla medesima linea, utilizza una delle interpreti del film precedente, Valeria de Franciscis (1915!), ma soprattutto raffina il suo personaggio e lo addensa di malinconia.
Gianni è un sessantenne mandato in prepensionamento forzato, vive in un decoroso appartamento con la moglie, quasi separata in casa, che ancora lavora e una figlia che si porta in camera un giovanotto disoccupato e poltrone da cui dice di volersi sempre separare. Il pensionato si sente ancor giovane e vorrebbe correre la cavallina, ma non ne ha né le forze né la voglia e, inoltre, non suscita grande attenzione nelle signore, in particolare in quelle giovani. Ecco allora che tra figuracce (le due sorelle presentategli da un amico avvocato che fuggono subito dopo essersi fatte invitare a pranzo), situazioni comiche (l’ex amica di scuola che si addormenta quando la serata sembrava volgere al meglio) ed equivoci colossali (la bella vicina di casa che gli affida il cane da portare al parco e che lo sogna come … nonno), non resta che ritentare nei ranghi, accettare il passaggio del tempo e passare le ore seduto al bar o su una panchina come gli altri vecchi. E’ un quadro malinconico, gestito con ironia e pieno di situazioni comicamente terribili (la madre che lo tiranneggia usandolo come cameriere per le sue amiche e obbligandolo a precipitarsi da lei per sintonizzarle il televisore). Un inanellarsi di fallimenti economici e umani che accompagnano una fase della vita che solo gli imbecilli giudicano felice.
